Vico Equense: bancarotta fraudolenta, finanzieri scoprono padre e figlia

Nella mattinata odierna, i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Napoli, coordinati dalla Procura della Repubblica di Torre Annunziata diretta dal procuratore Alessandro Pennasilico, hanno eseguito un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali, emessa nei confronti di due indagati dall’ufficio gip del Tribunale di Torre Annunziata, per “bancarotta fraudolenta in concorso” relativamente al fallimento dell’impresa edile “Adrima srl”, con sede a Vico Equense.

guardia-di-finanza1Le indagini, condotte dai finanzieri della compagnia di Castellammare di Stabia agli ordini del capitano Girolamo Franchetti, hanno consentito di accertare un sistema fraudolento posto in essere dal legale rappresentante e dall’amministratore occulto della Adrima, ovvero Benito e Stefania Fusco, rispettivamente padre e figlia, con il quale i due hanno distratto beni e denaro in concorso con altri soggetti per un valori di circa 390mila euro.

La frode è avvenuta alterando costantemente le scritture contabili della società in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del volume d’affari, omettendo di riportare i reali cespiti patrimoniali posseduti, anche facendo risultare fittizie cessioni a società risultate, poi, comunque riconducibili ai due responsabili della bancarotta.

Dagli accertamenti è emerso il ruolo centrale di Benito Fusco, autore e regista delle operazioni di bancarotta, il quale, servendosi della complicità di altri soggetti, ha costituito cinque società, tutte operanti nel settore dell’edilizia, che venivano aperte e chiuse in modo pianificato al solo fine di far transitare tutto l’attivo patrimoniale da una società all’atra, non appena la situazione della prima diventava non più gestibile a causa degli ingenti debiti verso i clienti, contratti qualche mese prima rispetto alla dichiarazione di fallimento, e di quelli fiscali e tributari.

In questa serie di operazioni, nelle quali Benito Fusco emerge quale “trait d’union” occulto tra le varie aziende costituite dal 2009, è stata utilizzata la Adrima che, gravata da ingenti debiti verso ex dipendenti, l’Erario ed Enti Previdenziali, è stata lasciata anch’essa alla deriva per essere soppiantata da un’ulteriore nuova società, attualmente operante e tuttora gravata da analoghi debiti verso lo Stato.

Le misure cautelari sono rappresentate dagli arresti domiciliari del padre e nel divieto di esercitare gli uffici direttivi delle imprese per la durata di due mesi nei confronti della figlia.

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