Il boom commerciale in pochi mesi, la necessità di regolamentare il tutto e delle anomalie riscontrate nel loro utilizzo, hanno fatto sì che le cosiddette “sigarette elettroniche” si siano trovate al centro di un lungo dibattito. E i loro rivenditori, al centro di numerosi controlli da parte di istituzioni e forze dell’ordine.
Ma è dall’area stabiese che i professionisti del settore desiderano lanciare un appello: “Ben vengano i controlli, siamo completamente a disposizione delle autorità”. Il perché è presto detto. Come spesso accade nel mercato, accanto ai grandi gruppi produttivi si sviluppa parallelamente un commercio a basso costo, pericoloso e senza troppe garanzie per gli acquirenti. Elementi non proprio rassicuranti questi ultimi, se li si somma agli studi, ancora in corso, sull’effettivo rapporto danni-benefici delle “e-cigarettes”.
Di dubbia provenienza e fabbricazione, infatti, sarebbe la sigaretta esplosa in faccia ad un uomo a Torino, ferendolo in modo lieve ad un occhio. I carabinieri del Nas hanno sequestrato i frammenti della sigaretta esplosa e si sono recati nel negozio che l’aveva venduta ritirando tutti i prodotti simili. I controlli, inoltre, sono scattati in tutta Italia.
“Diciamo a chi è interessato a questi prodotti – hanno fatto sapere i rivenditori – di affidarsi sempre a chi può garantire la qualità e il corretto funzionamento della sigaretta senza alcuna riserva. Tutti i nostri certificati servono proprio a questo, ovvero a permettere ai potenziali acquirenti di scegliere con oculatezza e fare un distinguo. Diffidate, inoltre, dei prezzi troppo bassi”.
Sono diversi i punti su cui gli acquirenti dovrebbero fare attenzione.
Lo scontrino è indispensabile per ottenere una prima garanzia dai venditori, ma non solo. Bisogna controllare bene i marchi “CE” presenti sulla confezione, in quanto molte volte
la sigla non sta per Comunità Europea, ma bensì per Cina Export (Ce). È consigliabile quindi comprare prodotti italiani con tanto di contatti (telefono e mail) e bugiardini. Infine, per evitare rischi inutili sarebbe necessario spendere qualche euro in più in negozi dove il personale è specializzato ed ha frequentato un corso di formazione.
Solamente a Castellammare sono tre le grandi rivendite aperte dalla fine dell’estate (Smooke, Style ed Ovale), per un business che promette di espandersi ancora le imminenti inaugurazioni di negozi all’ingrosso.
È un trend che segue esattamente quello nazionale: il comparto, nel 2012, ha fatturato oltre 100 milioni di euro e dà lavoro a circa 1.500 persone, senza considerare l’indotto. In media aprono ogni settimana circa venti nuovi negozi in Italia. Una moda tra giovani e meno giovani? Certo, ma dalla quale scaturiscono subito numerose questioni. Se il beneficio per il “portafoglio” è acclarato, così ancora non è per quanto concerne la salute o almeno non ancora con molti studi ancora in corso. Lo scontro tra “vapore” e tabacco è quindi aperto.
Tutti i modelli di e-cigarettes sono composti da una batteria, un atomizzatore e una cartuccia. La parte iniziale della sigaretta, cioè quella che nelle sigarette tradizionali corrisponde alla zona in cui è contenuto il tabacco, è ricaricabile (grazie ad appositi caricabatterie) e la durata può variare più o meno da 70 a 150. L’atomizzatore produce il vapore che, passando per la cartuccia, si arricchisce di sapore e gusto in base all’aroma scelto. Oltre al vapore acqueo, dunque, si fumano vapore prodotto da glicerina vegetale o glicerolo e glicole propilenico, più eventuali aromi, ed eventuale nicotina.
Sull’argomento è intervenuta Roberta Pacifici, responsabile dell’Osservatorio Fumo dell’Istituto superiore di Sanità: “Di fatto, gli studi scientifici in materia sono pochi ma ce ne sono alcuni in corso di cui attendiamo i risultati per poter dare una risposta chiara.
L’unica risposta che al momento possiamo dare è che non avendo i risultati di test mirati non sappiamo se le sigarette elettroniche siano un presidio utile per smettere di fumare”.
Uno degli “ostacoli” principali alla ricerca sarebbero i numerosissimi modelli attualmente in circolazione. In pratica, infatti, il meccanismo di funzionamento è l’unica cosa che le varie e-cig hanno in comune. Altro dibattito in corso è quello sull’emendamento che il governo aveva presentato alla legge di Stabilità che equiparava le sigarette elettroniche alle classiche “bionde”. “Sarebbe uno schiaffo – ha detto Filippo Riccio, uno dei soci della Smooke, tra i primi marchi nati a Torino – nella nostra azienda lavorano più di 40 persone, abbiamo quasi 200 negozi in Italia. Stiamo crescendo. Abbiamo investito e fatto certificare tutte le parti delle sigarette, liquidi compresi, per tutelare i consumatori. Paragonare l’elettronica al tabacco non ha senso. Vuol dire ammazzare un settore, non poter fare pubblicità, dovendo chiudere tutto e licenziare”.