Erano le ore 18.00 circa quando nella sala della Giunta Comunale di Boscoreale, un gruppo di cittadini e rappresentanti dell’associazione Proloco hanno fatto un tuffo nel passato remoto della città, quando gli antichi romani vivevano in quelli che oggi sono i resti di Villa Regina e per le strade asfaltate su cui la gente cammina.
È stato il professore e archeologo Stefano De Caro, direttore generale dell’International Centre for the Study of the Preservation and Restoration of Cultural Property a presentare il saggio “Gli ori di Boscoreale”, scritto da Carlo Avvisati, saggista e giornalista de Il Mattino.
Il commissario prefettizio Michele Capomacchia introduce l’incontro ringraziando Ambiente Reale, l’azienda straordinaria dipendente dal Comune che ha finanziato e reso possibile il progetto.
“In tutta sincerità quando sono venuto ad amministrare questo paese ero a conoscenza solo dei suoi problemi- afferma il prefetto-, non delle sue risorse. Non sapevo ad esempio che Boscoreale esporta fiori in tutta l’Europa, che ha un’azienda per protesi di valenza mondiale, tante ville risalenti all’epoca romana, e soprattutto non sapevo che qui ci sono tante persone che vogliono veder rinascere la loro terra. Bisogna trovare una nuova via per creare opportunità di sviluppo e porre fine alla miseria- conclude Capomcchia-, una via da affiancare alla lavorazione della pietra lavica”.
Delle 400 copie stampate, le prime due sono state donate a Giorgio Napolitano e al Museo Louvre di Parigi.
Dopo Michele Capomacchia prende parola Stefano De Caro, ex direttore degli Scavi di Pompei, il quale inizia a presentare il saggio, dopo aver introdotto il suo discorso affermando scherzosamente di essere fiero di avere la “cittadinanza boschese”, perché in Francia è considerato quasi un onore: “Boscoreale in passato possedeva molti tesori che sono stati espropriati illegittimamente e questo tema è molto sentito anche in Europa. In passato – afferma il professore- molti resti sono stati ulteriormente seppelliti dalle case odierne, in quanto non esisteva una pianta con la localizzazione delle ville tra Boscoreale e Boscotrecase”.
“Questo libro – continua De Caro- racconta i fatti attraverso la voce dei testimoni, che sono la carne della storia. Le ossa del passato sono invece la storia che tutti conosciamo. Il libro è interessante innanzitutto per questa ragione, in quanto rappresenta l’altra faccia della cronaca”. E poi arriva un commento da parte dello studioso su una tesi portata avanti dal giornalista Avvisati all’interno del libro: gli allora amministratori erano a conoscenza del contrabbando dei tesori che venivano continuamente portati all’estero, in particolare in Francia.
Vincenzo Giuseppe De Prisco ritrovò nella villa romana di sua proprietà, la Pisanella, 8 pezzi d’oro: una collana e due catene, entrambe lunghe 1 metro e mezzo, due orecchini con castoni, un anello, quattro bracciali, di cui due serpentiformi e due a semisfere, e 1300 monete d’oro, fior di conio raffiguranti gli imperatori da Augusto a Domiziano.
La raccolta mette in luce anche la storia dell’espatrio e della vendita delle argenterie ritrovate. Si tratta di 108 pezzi di argento, quasi tutti da mensa, dal peso di 30 chili, sette in più del tesoro d’argenterie del Menandro, trovato a Pompei.
È emblematico che sia stato proprio De Prisco a vendere i tesori di Boscoreale “un uomo di stato, rappresentante della borghesia liberale, di quelli che fecero l’Unità d’Italia – commenta De Caro-, tra quelli che avrebbero dovuto riscattarsi dagli stranieri. Questo perché non esisteva il concetto di proprietà pubblica, di bene comune, di patrimonio culturale. E fu così che tesori così importanti per la storia del Meridione vennero considerati meri oggetti di mercato”.
Altro aspetto considerato da Carlo Avvisati e commentato dall’archeologo De Caro è che l’amministrazione non aveva i fondi per finanziare gli scavi, per cui solo i privati poterono portare alla luce questi tesori: se non fosse stato per loro non si sarebbe scavato niente. “La Pubblica Amministrazione investì con una visione di programmazione economica davvero corta, e questo era un difetto di una cultura sociale pressoché inesistente ” di cui oggi il territorio di Boscoreale paga le conseguenze.
“Non dimenticate – conclude De Caro- che gli scavi clandestini non sono ancora finiti e che di tanto in tanto le forze dell’ordine bloccano “i lavori”. In Germania ci sono foto che dimostrano che negli ultimi vent’anni ci sono stati altri casi di vendite illegittime di ritrovamenti”.
Infine interviene l’autore del saggio, Carlo Avvisati che spiega uno dei messaggi del libro: “Possa esso essere lo strumento attraverso cui i cittadini di Boscoreale riacquistino l’orgoglio di appartenere a questo paese”.
Giovanna Sorrentino