Un dito davanti agli occhi sgranati dalla fatica e dall’orgoglio. Un dito puntato in alto ad invitare al silenzio e ad indicare il numero uno. È questa l’immagine di quel “bianco” che tagliava per primo il traguardo della velocità, della gara regina dell’ atletica.
Pietro Mennea è morto con i suoi soli sessantuno anni, ma il Pietro Mennea che nacque in quegli anni dentro di noi continua a darci la forza di essere uomini del Sud. Con lui molti di noi capimmo che il palcoscenico della vita lo si poteva conquistare anche venendo da Barletta, anche partendo dal nostro Sud, da quella terra che erroneamente vedevamo come un ulteriore ostacolo al successo. Lui, invece, ne aveva preso coscienza e aveva preso le misure a tutti gli ostacoli della vita superandoli in un lampo di appena 19 secondi e 72 centesimi, in maniera semplice, pulita.
Il mio indelebile ricordo resta legato all’ estate, al caldo di una delle prime vacanze con la famiglia lontano da casa. Un piccolo televisore in bianco e nero e a tutti noi coinvolti dall’ esultanza di mio padre lanciata dalla splendida telecronaca di Paolo Rosi che da Mosca incalzava la “freccia del Sud” con quello storico “recupera, recupera, recupera e vince!”
Queste poche righe, retoriche se si vuole, partono da quei ricordi di ragazzo, da quell’ entusiasmo e da quel sincero esempio che è stato per la mia generazione Pietro Mennea.