“Bambini all’inferno”, questo è il titolo forte e efficace del libro di Cecilia Gentile, giornalista di “Repubblica”, che racconta l’infanzia nelle sue terribili declinazioni alle latitudini di Gaza e dei Territori Occupati. La presentazione dell’opera, edita da Salani, i cui diritti verranno devoluti al PCDCR (Palestinian Center for Democracy and Conflict Resolution), è avvenuta nell’ambito degli “Incontri con l’autore” organizzati dal “Comitato biblioteca”, guidato dalla professoressa Anna Carotenuto, moderatrice del dibattito. All’evento hanno preso parte, oltre all’autrice, l’ambasciatore palestinese Sabri Ateyeh, il sindaco Claudio D’Alessio, il consigliere Antonio Ebreo, delegato alla cultura, e gli studenti di diversi istituti scolastici cittadini. È un libro che si legge con il cuore, quello che insieme alla passione ha mosso la giornalista in questo lungo viaggio, sfidando pericoli e paure, fino ad arrivare al sorriso di questi bambini oltre la cortina di drammi e sofferenza. Il primo incontro dell’autrice con in bambini palestinesi fu nel 2008 in occasione della manifestazione “Follow the Women. Women for peace (Segui le Donne. Donne per la pace)”, ovvero una pedalata di sole donne dal Libano ai Territori Occupati della Palestina. Lo scopo è non solo conoscere di persona quei luoghi ma anche attirare l’attenzione. Le donne, infatti, in quei territori non vanno in bicicletta. Attraverso quella iniziativa, scrive l’autrice, “noi chiedevamo e continuiamo a chiedere pace tra Israele e Palestina, tra due stati liberi e indipendenti, affinchè si portino rispetto reciproco, come stabilì l’ONU nel 1947”. Ad accogliere queste donne a Shabra e Shatila, quartieri tristemente noti per il massacro dei Palestinesi, sono i bambini. Ma non bambini come altri: vestiti con tute mimetiche, si esibiscono in danze paramilitari e chiedono la pace per la Palestina. E lì scatta qualcosa, la molla che porterà Cecilia Gentile a scrivere più tardi questo libro, per dei bambini che hanno perduto la loro infanzia e sono passati troppo precocemente all’età adulta. Bambini che sono stati privati di molti dei diritti riconosciuti dalla convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia come il diritto al “riposo, al tempo libero e al gioco” o “all’istruzione, alla protezione e alla cura”. A questi bambini Cecilia Gentile restituisce almeno il diritto alla parola, raccontando le loro storie drammatiche ma anche cariche di speranza, perché, come ricorda la giornalista citando un poeta palestinese, “i Palestinesi sono malati di speranza”. L’opera è dedicata a Vittorio Arrigoni, l’attivista per i diritti umani che la giornalista rievoca per il suo incitamento semplice quanto necessario: “Restiamo Umani”. Fu proprio lui a accompagnarla in un pezzo difficile di quel viaggio, quello a Gaza “devastata dall’operazione Piombo Fuso che, secondo i report del Palestinian Center of Human Rights, ha ucciso 1419 persone, di cui 1167 civili, 11 donne e 318 bambini, su una popolazione complessiva di un milione settecentomila abitanti, costretti a vivere su una superficie di 400 metri quadrati”. Da quella tragedia Cecilia Gentile ha raccolto dei frammenti di storie che hanno i volti e i nomi di questi bambini, come Adham , Amal e Mona, diventati “padri dei loro padri e madri delle loro madri”; bambini che lavorano al posto dei genitori e danno sostentamento alla loro famiglia. Loro sono solo alcuni pezzi di un mosaico più grande ma ci aiutano a sentire queste storie come vicine e a superare con l’emozione quel muro di gomma con cui proteggiamo le nostre orecchie e i nostri cuori da questa realtà. Loro non possono difendersi e sono costretti a viverla. Per questo è tanto più prezioso il lavoro di chi come Cecilia Gentile è andata fin lì con occhi e cuore aperto a sentire le loro esperienze e restituircele. “Perché – conclude la giornalista – le loro voci, i loro occhi, i loro sguardi, arrivino fino alle nostre coscienze ormai inerti e sopite, le scuotano, le interroghino, le chiamino in causa, le provochino, mettendo in gioco consuetudini e certezze, riaccendendo nei nostri cuori una nuova tensione solidale”.
Claudia Malafronte