Ormai gli effetti negativi sono più palesi e pesanti che in altre zone per motivi specificamente strutturali, dipesi da carenza di aggiornamento, da mentalità troppo conservatrici, da scelte merceologiche inopportune e ripetitive, da mancanza di associazionismo e dalla errata convinzione sulla irreversibilità dei flussi turistici.
Un polo commerciale, per essere tale e per rimanere indenne nel tempo ha la ineluttabile necessità di un adeguamento tecnico e periodico alle prospettive del bacino di utenza nelle variegate esigenze della potenziale clientela che lo compone.
Il commercio, quale importante settore imprenditoriale, va dunque considerato al top di capacità e professionalità specifiche appunto per poterlo preservare dalle naturali ed immancabili evenienze negative.
Oggi, lo sviluppo continuo della distribuzione (ovviamente commerciale) ha generalizzato la presenza di beni di consumo in un diffuso reticolo di paesi e di esercenti anche in zone piccole ed inconsuete. Queste modificazioni hanno determinato un cambio nella domanda che si è evoluta in termini merceologici ed organizzativi.
Queste premesse confermano che il commercio pompeiano si è autodistrutto e già da molti anni. Occorre perciò un ripensamento generale e l’accollo di responsabilità oggettive. Non si può pretendere di essere all’altezza dei tempi rimanendo ancorati a mentalità ed organizzazioni di 60/70 anni or sono.
Altra questione in atto riguarda il supermercato La Cartiera che, secondo voci populistiche (come le promesse di Berlusconi e quindi senza senso) fanno risalire alla sua apertura la crisi del commercio cittadino. Non è così perché, ragionando in questa maniera, si evita di affrontare i veri problemi e di non attivarsi per una logica risoluzione.
Si è sempre detto, e la situazione lo conferma, che la concorrenza è l’anima del commercio. Pensare di negarla costituisce la più aberrante delle idee (fortunatamente non si può) perché è in antitesi col più elementare progresso che, a sua volta, è l’espressione di un grado di civiltà e di libertà. E poi, si crede veramente che -ragionando per assurdo- ove il supermercato chiudesse il commercio cittadino risolverebbe i suoi problemi? Pura follia, mancanza di cognizioni ed esperienze adeguate da parte di alcuni, ipocrisia completa da parte di altri che -pur non condividendo idee e rimedi- battono la grancassa con l’unico intento di cavarci qualche tornaconto, seppure effimero e dannoso.
Non è il caso di nascondersi dietro un dito, scaricando su cause inesistenti la colpa di comprovate inefficienze. L’imprenditoria valida e meritevole emerge proprio nei momenti difficili optando per decisioni obiettive e producenti.
L’Amministrazione comunale dovrebbe rappresentare un punto di riferimento nel contesto cittadino per la sua posizione e costituzione. Le Autorità dovrebbero costantemente agire in sintonia con le locali esigenze per determinare le condizioni legali e civili atte alla concretizzazione di iniziative di cui ognuno può essere promulgatore.
Naturalmente la divisione dei limiti di competenza diventa sottilissima in considerazione della complessità dei dati del problema. A Pompei non ci è mai stata una collaborazione tra chi, nel tempo, ha avuto responsabilità decisionali. E così Comune, Soprintendenza, Santuario ed i soliti noti si sono sempre impelagati in un logorante tiro alla fune per accaparramenti di privilegi, diritti e favoritismi. In un ambiente così circoscritto, sacrificato da tanti malcelati egoismi pubblici e privati, afflitto da generalizzate mentalità conservatrici diventa quasi impossibile trovare le idee giuste per promuovere, discutere ed attuare un programma moderno.
Ovviamente anche l’Amministrazione Comunale è pervasa da tali limiti e si attiva con iniziative improduttive, magari dispendiose, che peggiorano lo stato di degrado persistente.
Pompei si raffigura ormai come il museo alla luce del sole dei rovinosi interventi che hanno offeso la città fin nel suo centro. Ci sono esempi eclatanti in proposito che hanno cambiato la fisionomia dei luoghi privandoli delle caratteristiche più elementari e più proprie. Senza ingolfarsi in problematiche fantascientifiche e senza mezzi termini, una buona Amministrazione deve prevedere e provvedere alla risoluzione dei grandi problemi che sono specificamente alla base dello sviluppo e delle necessità dei propri Amministrati. Pompei, per vocazione storica e religiosa, è principalmente un luogo di accoglienza e quindi le principali risorse possono venire soltanto dai visitatori. Tra le altre precarietà la preclusione e l’annullamento di quasi tutti i parcheggi è stato un errore gravissimo perché ha intralciato in maniera decisiva l’afflusso di persone che, a vario titolo, arrivavano qui. Tale handicap si è fatalmente aggiunto alle tante altre deficienze che caratterizzano Pompei e di cui si è ampiamente trattato prima.
Altra nota dolente riguarda lo sfruttamento che, ormai in forma imperante, si esercita su tutti quanti si approcciano ad un lavoro di collaborazione sia in città che al supermercato. Non c’è più trattativa, si disconoscono i diritti più sacrosanti ed ogni datore di lavoro esercita la propria azione nella maniera più congeniale ai propri interessi senza tenere in nessun conto le ragioni dei dipendenti che, pur di campare, si assoggettano ad ogni sorta di sacrifici e di angherie. Stipendiucci da fame sono imposti con arroganza e con la legge taglione del “prendere o lasciare”. Non si possono discutere orari di lavoro, straordinari, ferie , licenziamenti immotivati. Sprofondiamo sempre più nell’arretratezza, dal precariato alla schiavitù
Le associazioni sindacali dovrebbero assumersi la responsabilità di questi problemi perché essi, essendo ormai generalizzati, ledono sia la dignità che la ragione stessa del loro essere. Perché si sta a guardare ed addirittura si commentano con superficialità e rassegnazione questi tetri fenomeni?
Se non salvaguardiamo almeno il nostro grado di civiltà e la dignità personale siamo destinati, tutti, ad un avvenire povero e tenebroso.
Rag. Pierdomenico Amodio