Pompei, “Casa Borrelli”. Bilanci in passivo, esternalizzazione e diversi nodi da sciogliere

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La casa di riposo e la storia infinita. Nessun altro titolo potrebbe essere più eloquente per descrivere una vicenda, dall’intricata trama, che si arricchisce sempre di nuovi sviluppi. In principio fu un lasciato ereditario. La storia parte dal lontano 12 giugno 1928 quando, Concetta D’Arienzo, vedova di Vincenzo Borrelli e madre di Carmine Borrelli, con atto notarile dava inizio alla casa di riposo, trasformando il grande dolore per la morte dell’unico figlio in un atto d’amore per il prossimo. Un gesto caritatevole per gli indigenti di Pompei: questo l’intento della benefattrice. Da quel 12 giugno 1928, molte cose sono cambiate. La casa di riposo persiste nella sua missione assistenziale agli anziani, ma non lo fa certo a titolo gratutito e benchè meno per i poveri della città. Gli anziani opsitati presso la struttura pagano una retta mensile. La  gestione della struttura è attualmente affidata all’Aspide, azienda speciale del comune, costituita nel 2004, che è stata messa, di recente, in liquidazione. Ma nel tempo, l’Aspide ha accumulato un mare di debiti. Nel corso degli anni l’esborso dell’amministrazione a favore dell’ente è pari a 700mila euro complessivi. Senza contare i costi della ristrutturazione che, secondo quanto riportato dalla stampa nel 2009, sarebbero pari a 800mila euro. Nel 2009 (del. n. 10) la corte dei conti aveva sollecitato chiarimenti sulla gestione della casa di riposo da parte dell’azienda, in ordine alla quale sussisteva “una pesante situazione di passività”. I riscontri forniti alla corte indicavano “l’eccezionalità e non ripetitività degli eventi che maggiormente hanno inciso negativamente sugli equilibri di bilancio di detta azienda (in particolare: ripiano di un pregresso contenzioso in materia di inquadramento del personale e lavori di ristrutturazione non procrastinabili)”. I giudici contabili, già allora, raccomandavano di adottare atti idonei a soddisfare i principi di gestione quali efficacia, efficienza e economicità. Una situazione ai limiti del colasso che ha chiamato in causa anche l’amministrazione comunale. Per effetto della spending review (nell’ottica delle more di riduzione delle spese e taglio dei rami passivi delle amministrazioni) il comune di Pompei ha deciso di affidare la gestione della “Carmine Borrelli” all’esterno. Nel consiglio comunale del 28 febbraio 2013 sono stati nominati, (dalla sola maggioranza perchè i consiglieri di minoranza abbandonarono l’assise), i tre liquidatori. Smith Fabio, Avigliano Mariano, Ferrigno Armando, questi i nomi dei componenti del collegio di liquidazione che, nell’arco di 60-90 giorni, dovrà relazionare sulla faccenda. Una esternalizzazione che sembra avviarsi a conclusione. Ma fino a che il passaggio di consegne non diventi cosa fatta, la situazione della “Carmine Borrelli” rimane difficile. Ormai i creditori non si contano. Nonostante i debiti stiano soffocando le casse della casa, che sopravvivono con piccole anticipazioni del Comune, emerge un altro elemento non trascurabile.  Secondo alcune indiscrezioni, pare che vengano fatte assunzioni, seppur a tempo determinato, senza giustificato motivo e nello stesso tempo i dipendenti che lavorano da anni alla “Carmine Borrelli” aspettano quote di stipendi e/o tredicesima.  Si vocifera, inoltre, di persone non proprio bisognose che pagano solo una quota della retta, di raccomandati che non la pagano seppur pensionati “d’oro”, di persone che non versano il canone d’affitto degli appartamenti (in via Scacciapensieri) di proprietà del Comune ma direttamente collegati all’Aspide e così via. Insomma ci si trova dinanzi ad una gestione ballerina in cui tanti sono i nodi da sciogliere. Una cosa è certa. La privatizzazione della Borrelli sembra essere ormai vicina. Viene da chiedersi, però, quale sarebbe stato in merito il pensiero della signora D’Arienzo. Di certo, quando nel 1928 donò la casa all’Ente Comunale con obbligo di destinazione, (per offrire assistenza ai poveri di Pompei), di sicuro non avrebbe mai immaginato simili sviluppi.

Marianna Di Paolo

 

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