Pompei: la lettera dell’avvocato Gaetano Coccoli al sindaco D’Alessio

onorevoli-4-300x225Lettera aperta al Sindaco di Pompei, avvocato Claudio D’Alessio.

Egregio Sindaco, credo sia giunta l’ora di mostrare il dovuto rispetto per le istituzioni e per i cittadini. Capisco le difficoltà in cui si trova per aver sostenuto la realizzazione di un qualcosa che era irrealizzabile a tutti i costi. Ora credo sia giunto il momento della responsabilità. Ore occorre dire la verità e non nascondersi dietro infingimenti che, oltre a far torto al suo essere avvocato e quindi un giurista, non rende merito alla carica di primo cittadino di Pompei, che lei oggi ricopre. Ho letto dai giornali di oggi e da un suo documento inviato all’Eccellentissimo sig. Prefetto della provincia di Napoli, datato 18.04.2013, che FERGOS s.r.l. ha richiesto il rilascio di un nuovo permesso a costruire ai sensi dell’art. 38 del DPR n. 380 del 2001, inoltrando, successivamente, istanza di sospensione dell’esecuzione, ovvero dell’efficacia esecutiva, della sentenza n. 365 emessa in data 22.01.2013 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale. Tale “rimedio” sarebbe stato “avallato” anche da altri avvocati presenti alla sua conferenza stampa di ieri.
In realtà ritengo che quanto da lei scritto al sig. Prefetto ed esternato in conferenza stampa, con l’avallo anche degli avvocati presenti, non è né giuridicamente corretto né, nei fatti, praticabile. È l’ora di finirla. Dicendo inesattezze ed adottando procedure sbagliate si sono già arrecati gravi danni alla Città. Ora non si può, o meglio, non si deve più sbagliare.
L’art. 38 del DPR 380 del 2001 riguarda i casi di annullamento del permesso a costruire in autotutela da parte della pubblica amministrazione. Esso testualmente recita: “In caso di annullamento del permesso, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall’agenzia del territorio, anche sulla base di accordi stipulati tra quest’ultima e l’amministrazione comunale. La valutazione dell’agenzia è notificata all’interessato dal dirigente o dal responsabile dell’ufficio e diviene definitiva decorsi i termini di impugnativa.” . Orbene che la pubblica amministrazione goda, per il nostro ordinamento, di questo enorme potere, che ‐ come si può ben comprendere ‐ conferisce una supremazia nei confronti degli altri, cioè di tutti i cittadini e le imprese che vengano a contatto con la pubblica amministrazione stessa, è un fatto indubbio. Ne consegue che l’annullamento degli effetti di un permesso di costruire, dichiarato invalido, dopo che l’opera sia stata edificata, anche solo parzialmente, significa rendere ciò che è stato edificato abusivo, con le conseguenze derivanti direttamente dalla legge. L’abusivismo deve essere perseguito a norma di legge e con atti che, da parte dell’amministrazione, sono doverosi, una volta verificata e accertata l’esistenza di un abuso edilizio. Non intervenire sarebbe una ingiustificata azione omissiva, da parte dell’amministrazione che, invece, deve tutelare il territorio e l’integrità dello stesso. In contrapposizione al potere di annullamento in autotutela della pubblica amministrazione, il nostro ordinamento giuridico, ha previsto delle tutele, appunto l’art. 38, per i casi in cui sia stata l’amministrazione ad aver sbagliato nel rilascio di un titolo edilizio (permesso di costruire nel caso specifico). In sostanza, con l’art. 38 si pone un argine all’eventuale abuso dell’istituto dell’annullamento in autotutela da parte della pubblica amministrazione e si tutela il principio, sacrosanto, dell’affidamento del privato nella correttezza del procedimento amministrativo e della decisione assunta: se un Comune sbaglia nel rilasciare il permesso a costruire, il privato non è detto che debba sopportare la sanzione ripristinatoria prevista per i casi di abusi edilizi e quindi può chiedere l’applicazione dell’art. 38 e sostituire all’abbattimento il pagamento di una sanzione pecuniaria pari al valore venale dell’opera ormai realizzata. Concludendo, l’art. 38 del DPR 380/01, si applica ai casi in cui il permesso a costruire sia stato annullato in autotutela da parte della stessa pubblica amministrazione che lo ha rilasciato: pertanto, il rimedio adottato dalla FERGOS, nel caso di specie, è inammissibile perché il permesso a costruire è stato annullato dal giudice amministrativo – Consiglio di Stato – e non dal Comune di Pompei. A conferma di questo mio convincimento, la invito a leggere, con attenzione, l’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, sentenza n. 4 del 2008, la quale dice che il privato si trova in una situazione soggettiva di legittimo affidamento quando il titolo venga annullato dalla pubblica amministrazione (ndr. Comune di Pompei), perché, originariamente, il titolo era legittimo; mentre non vi è lo stesso stadio di affidamento legittimo quando il titolo sia annullato dal giudice amministrativo. Pertanto alcun rilascio di nuovo permesso è possibile. La sentenza n. 365/2013 del Consiglio di Stato deve essere eseguita.
Pompei, lì 27 aprile 2013. Con stima
Avv. Gaetano Coccoli

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