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Ercolano, clan Ascione: sequestro beni per 4 milioni di euro

carabinieriUna societa’, due conti correnti, cinque auto e 19 appartamenti tra la provincia di Napoli e quella di Cosenza, per un valore complessivo di oltre quattro milioni di euro sono stati sequestrati stamani dai carabinieri a due esponenti del clan camorristico Ascione, attivo a Ercolano. I destinatari dei provvedimenti sono Giorgio Di Bartolomeo e Mario Ascione, condannati a 11 anni, il primo, e 6 anni e 8 mesi di reclusione per estorsioni a commercianti. I carabinieri della Compagnia di Torre del Greco hanno eseguito un decreto di sequestro conservativo per beni di un valore complessivo di 4 milioni di euro riconducibili a Mario Ascione, figlio del boss Raffaele, e a Giorgio Di Bartolomeo, a lungo reggente del clan attivo a Ercolano. Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale di Napoli, su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia. I due esponenti di spicco degli Ascione sono accusati di associazione di tipo mafioso ed estorsione, con l’aggravante delle finalità mafiose. La misura – si legge in una nota del procuratore aggiunto, Giovanni Melillo – è finalizzata a impedire la dispersione dei patrimoni riconducibili a Di Bartolomeo e ad Ascione, condannati rispettivamente a 11 anni e a 6 anni e 8 mesi di reclusione, e a garantire il pagamento, da parte degli imputati, delle spese processuali, detentive e di custodia cautelare a loro carico. I beni sottoposti a sequestro sono: 19 immobili, a Ercolano e Falconara Albanese (Cosenza); 5 autovetture; 1 società con sede a Ercolano e due conti correnti bancari. Molte delle unità immobiliari sequestrate sono all’interno del complesso abitativo `Moquette’, storica roccaforte ercolanese del clan Ascione. Giorgio Di Bartolomeo e Mario Ascione sono stati condannati dopo una lunga istruttoria processuale nell’ambito della quale decine di imprenditori e commercianti di Ercolano hanno indicato e riconosciuto nell’aula del tribunale gli artefici delle reiterate attività estorsive perpetrate nei loro confronti dai principali esponenti dei clan camorristici della zona. Si è trattato – ricorda il procuratore Melillo – di un procedimento lungo e complesso nell’ambito del quale, dal 21 febbraio 2011 all’11 febbraio 2013, sono state celebrate 37 udienze dibattimentali con ingenti spese di cancelleria e stenotipia, di trasporto e scorta dei 18 imputati detenuti, di attivazione dei 78 collegamenti in videoconferenza degli imputati detenuti in regime di 41 bis e dei collaboratori esaminati nel corso del dibattimento.

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