Non si sa quale dio malefico si accanisca sugli Scavi di Pompei, ma deve trattarsi di un dio operoso perché lì le grane non mancano mai. Dopo crolli, amianto e inchieste, è la volta dei bagni. Certo quelli per i turisti non si sono mai segnalati per numero o dotazione, ma anche i servizi dei dipendenti non si fanno mancare la propria parte di sciagura. Allagati, con tanto di fuoriuscita di liquami che hanno sommerso il piano interrato degli uffici di Porta Marina Superiore. Quelli sotto la lente della magistratura per la sostanza killer e le morti sospette. E siccome tutto quello che si trova a Pompei ha un valore, anche il piano in questione ha con sé qualcosa di prezioso: la biblioteca della Soprintendenza. A fronteggiare l’emergenza igienico – sanitaria sono state chiamate le ditte di espurgo e di pulizie. A denunciare l’accaduto i sindacalisti Antonio Pepe (Cisl) e Maria Rosa Rosa (Uil): “Situazione paradossale e pericolosa per la salute che ha oltretutto costretto il personale a lavorare con un odore insopportabile, visto che dai bagni della Soprintendenza non stavano uscendo acque bianche ma liquami. Vorremmo capire se si è trattato di un intasamento o esiste qualche altro problema”.
Un caso, questo, che riporta l’attenzione sulla questione più generale della sicurezza degli ambienti di lavoro a Porta Marina. “Quei prefabbricati dovevano essere abbandonati già da molto tempo – scrivono i sindacati- perché obsoleti, inadeguati e pericolosi per la salute. Si riscontrano, oltre alla presenza di amianto, anche tante altre anomalie quali: controsoffittature crepate, impianti elettrici non a norma, infiltrazioni di acqua in caso di pioggia – piove in molte stanze – e oggi anche liquami che fuoriescono dai bagni”. Di trasferire il personale dai container dell’83 in cemento – amianto alle case demaniali ancora non si parla nonostante le promesse. Pepe e Rosa Rosa ricordano la riunione “fatta più di un anno fa con il Segretario Generale del MIBAC, Antonia Pasqua Recchia, dove si stabilì che nel mese di novembre 2012 sarebbero iniziati i lavori di ristrutturazione degli edifici demaniali per adeguarli ad uffici”. Parole al vento anche stavolta, dicono i sindacati: i lavori a Casina Pacifico e co., già in gran parte ristrutturati, non sono mai partiti mentre “la Soprintendenza spende soldi per fare di tanto in tanto qualche lavoretto di adeguamento dei prefabbricati alle norme di sicurezza impostogli dall’ASL. Eppure – concludono Pepe e Rosa Rosa – garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro dovrebbe essere una priorità per l’Amministrazione, a Pompei invece restano solo chiacchiere”.
Non si placa, dunque, l’accanimento divino, o umano, nei confronti della città sepolta. A pensarci viene in mente il la canzone di Silvestri: “Più in basso di così non si poteva andare”. Si spera di poter scrivere, per il futuro, sugli scavi anche il titolo della canzone: “Salirò”. Più che una speranza, un augurio.
Claudia Malafronte