I Bookshops delle aree archeologiche di Pompei e Ercolano sull’orlo della chiusura. Un copione che rischia di ripetersi, dopo la serrata di gennaio, dal 26 maggio. Questo, infatti, il termine ultimo che la Mondadori – Electa, vincitrice della gara, avrebbe imposto alla Soprintendenza per l’aggiudicazione definitiva dell’appalto per il servizio libreria. Un appalto che include anche il passaggio di cantiere dei tredici dipendenti dalla Coopculture alla nuova società. Pomo della discordia un cavillo burocratico, la firma del contratto dopo la ratifica da parte del CDA. In assenza di un accordo da domenica i visitatori non potranno usufruire delle librerie ufficiali dei due siti. Peggiore la sorte de i lavoratori, prossimi al licenziamento dopo tredici anni di appassionato servizio. La paradossale situazione è stata portata a conoscenza dei massimi vertici istituzionali grazie a una lettera che la RSA della Filcams Cgil ha indirizzato al ministro della cultura Massimo Bray, ai presidenti delle Camere, alla direzione regionale del Mibac e alla direzione generale per la valorizzazione dei beni culturali. Anche Coopculture, società uscente, si è premurata di informare del rischio occupazionale il prefetto di Napoli Francesco Antonio Musolino e i sindaci di Pompei, Claudio D’Alessio, e Ercolano, Vincenzo Strazzullo. Dopo la vertenza di gennaio la SANP si sarebbe impegnata “a sbloccare entro la fine di maggio c.a. l’iter burocratico per rendere esecutiva la nuova concessione”. Tuttavia, scrivono i lavoratori, “siamo ancora una volta fortemente preoccupati per le nostre sorti occupazionali temendo al tempo stesso che l’annunciata chiusura creerà un enorme disservizio e un danno di immagine ai parchi archeologici e alla Soprintendenza in un periodo di alta affluenza turistica”. La posta in gioco, quindi, è alta. Non solo per i tredici dipendenti ma anche per la SANP. A rischio la sua immagine. Non solo per la chiusura di due librerie ufficiali con edizioni di pregio. Tale chiusura, la seconda in pochi mesi, dimostrerebbe l’incapacità della Soprintendenza di gestire una vertenza minima. Un vero smacco per un’amministrazione chiamata a occuparsi di appalti milionari come quelli del Grande Progetto Pompei. Senza contare la perdita di ben 13 posti di lavoro in tempi di crisi e con un’azienda florida. Uno schiaffo alla miseria inaccettabile in un paese che di cultura potrebbe e dovrebbe vivere.
Claudia Malafronte