Anche Napolitano, proprio ieri, poco dopo le 17,45, quando Don Andrea Gallo è morto, lo ha ricordato cosi: “sacerdote amato per la sua forza spirituale e il suo impegno sui temi della povertà, dell’emarginazione e dell’esclusione sociale”. Un preludio laico ad un futuro riconoscimento di una santità vissuta in continua testimonianza e dono totale di se stesso? Forse si!
Lui, classe ’28, è stato partigiano. Come prete nasce salesiano e si prodiga nelle missioni, poi lascia e diventa parroco nella sua Genova. Lo hanno definito “comunista” e finanche “antievangelico”. Ma Lui era don Andrea e chi era al centro del suo amore ne riconosceva l’autentica vicinanza. La storia dI Don Gallo non si riassume in poche righe, priveremmo molti del piacere di “conoscerlo” e, magari di imitarlo.
Nessuno riusciva a contenere il suo impeto compassionevole verso tossici, prostitute, malati, miserabili. Le gerarchie ecclesiastiche spesso raggelavano per le sue posizioni. Ma lui continuava ad essere il don Gallo che chiamava a Cristo chi era sempre scappato ai margini dell’umanità, anche a costo di cantare “Bella ciao” in Chiesa. Fabrizio De André, suo amico, gli regala una poetica: “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”. Oggi è impressa sul muro di fronte alla sua comunità di “San Benedetto al Porto”. Forse andrebbe impressa dovunque, su molti muri, di pietre e di carne.
“Vede il mese scorso mi sono morti quattro ragazzi di Aids – spiegava – e allora io continuerò a proporre la morale cattolica, ma se vado in mezzo alla strada dico di usarli, i preservativi, come faccio ad aspettare? Questo, piaccia o no, era Don Gallo. E lui stesso si spiega molto chiaramente. “La mia non è una scelta ideologica, altro che comunista – ebbe a precisare – la mia Bibbia è qui, io ho scelto i poveri, ho scelto di camminare con il popolo di Dio verso cieli nuovi e terre nuove, nella centralità di Cristo. Perché chi sceglie una ideologia può sbagliare, ma chi sceglie i poveri non sbaglia mai”. Un tema per l’agenda che non c’è di una politica che ancora guarda alle cose, ai numeri e all’oggi di pochi, sempre più pochi.
Antonio Irlando