Lo è per chi vive nel mondo e vorrebbe vederlo bello e giusto, proprio come la Creazione sembra averlo fatto. Lo è anche per chi pratica le negazioni della Bellezza ed è incapace di riconoscerla e di goderne la gioia, quella si, “allo stato naturale”.
Quando si negano casi quotidiani di violenza (fisica e psicologica) sulle donne e fanno bene coloro che ne parlano, in pubblico, nelle scuole, nelle strade, si nega la dignità di persone e si riconosce l’appartenenza ad una tribù, piuttosto che ad un Paese, definito civile.
Quando si negano le forme di povertà dilaganti nel mondo e soprattutto nei luoghi dove ognuno di noi vive, si nega uno sguardo al vicino e la vicinanza al suo dramma.
Quando si negano le prove di una “morte per pestaggio” si ha “il dovere morale di criticare questa sentenza”, ha detto con passione Luigi Manconi, presidente di “A buon diritto”, a proposito della morte di Stefano Cucchi.
Quando si negano soprusi, prepotenze, arroganze che da noi si chiamano anche “atteggiamenti da dilagante cultura di camorra”, allora è vero che la camorra è “una invenzione dei denigratori”, perché, come entità terza, “non esiste”, perché è dentro la nostra quotidianità, nella nostra scatola, chiamata persona.
Quando si nega che le città sono talvolta luoghi in cui è difficilissimo vivere ed è urgente e necessario pensare città “smart”, dove l’uomo e non le macchine, ritorni ad abitarle, significa negare che tutto questo è migliorabile. Lo si potrà fare con l’uso di Reti e sistemi digitali, cioè con tutto quel mondo di applicazioni “social” che spesso banalizziamo (facebook è un esempio) invece che usare per la costruzione di “Senseable City”.
Quando si nega che gli scavi di Pompei (ma anche Stabia, Oplonti, la Reggia di Caserta) sono devastati “dall’incuria, dalla camorra e dalla burocrazia”, come ha spiegato recentemente il “The New York Times”, significa negare l’esistenza e il valore del patrimonio culturale nazionale e mondiale, “da cui ogni comune italiano deve ripartire”, come ripetono (senza passione e atti concreti) numerosi e noiosi politici.
Quando si nega ad una ragazza madre il battesimo del bambino “perché non sei sposata”, si pratica una violenza ulteriore contro chi, talvolta contro tutti, ha avuto il coraggio di portare avanti la sua gravidanza e di non rinviare il suo figlio “al mittente”.
Ma in quest’ultimo caso e per il futuro, Papa Francesco ha detto “basta!” e lo ha detto con la forte dolcezza e il convinto amore del suo essere uomo-Papa: “Questo – afferma – non è zelo! Allontana dal Signore! Non apre le porte!”. “Quando noi siamo su questa strada, in questo atteggiamento, noi – lamenta – non facciamo bene alle persone, alla gente, al Popolo di Dio”.
Pensando alle negazioni di prima viene voglia di pensare: Ecco che fare contro ogni forma di negazione, anche ognuno di noi, che “Papa” non siamo.
Antonio Irlando