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Scavi di Stabia: fino a quando abuserete della nostra pazienza

scavi stabiaQuesta è una storia fatta di silenzio. Il silenzio assordante di tante risposte mancate. Di tanti dubbi mai chiariti. Di progetti rimasti sulla carta. Di relazioni e convegni che non hanno mai avuto risvolti concreti. E’ questa, seppur in una brutale sintesi, la storia di Varano e delle sue lussureggianti ville. Il silenzio che vi vogliamo raccontare è quello degli attori non protagonisti. Di privati, enti, istituzioni, associazioni che gravitano intorno alle ville. Perché, anche se è poco noto, le ville attirano interessi, fondi e attenzioni. Ma ad una parte di questo mondo, di cui complice è una certa stampa suddita e compiacente, conviene il silenzio. Il silenzio che faticosamente stiamo tentando di raccontarvi. Lì dove non c’è rumore, non c’è memoria né attenzione. E quindi possibilità di agire e disporre a piacimento della fruizione e valorizzazione di un patrimonio archeologico di portata internazionale. Chi ha occhi per vedere, vedrà che nulla di quanto è stato promesso e prospettato è stato fatto. Né centri di accoglienza, mute statue di sale tra le erbacce, né strutture di divulgazione e conoscenza dei siti archeologici stabiani. La verità è che la coltre di silenzio scesa sull’antica Stabiae si è mescolata a un fattore, se possibile, ancora più devastante: l’inadeguatezza. Non intendo solo tecnica o professionale. L’inadeguatezza di chi ha promesso più di quanto poteva mantenere. Saremmo arbitrari e, soprattutto, tacciati di incoerenza se per primi facessimo ricorso a quel silenzio che vorremmo smuovere. Tanto vale allora presentare gli attori non protagonisti del dramma dell’antica Stabiae: comune di Castellammare, Soprintendenza di Pompei e fondazione Ras. I tre soggetti hanno uguale responsabilità nel mancato sviluppo di un comprensorio turistico e culturale a Castellammare. Responsabilità pesanti e senza appello alcuno. Il punto centrale della questione resta sempre il silenzio. Nessuno di questi tre attori, infatti, ha mai fatto un mea culpa in questi anni. Nessuno è mai saltato fuori a spiegarci il perché di un abbandono ingiustificato e ingiustificabile delle ville. Naturalmente, ognuno cercherà vie anguste e scorciatoie difensive. Ma oggi tutti sono sul banco degli imputati. Faccio un esempio pratico. Progettare un parco archeologico, destinato ad accogliere centinaia di migliaia di visitatori con un’inevitabile stress di tenuta per le ville, vuol dire vendere fumo, o quanto meno, perdere di vista la realtà di un’area segnata, in maniera ahinoi definitiva, dall’abusivismo e dall’urbanizzazione incontrollata e disordinata. Questo spiega perché ogni progetto di tali, velleitarie ambizioni è destinato a fallire. Perché non si tratta di un progetto, ma di slogan, di trovate pubblicitarie. Transeunti, passeggere come le mode. Gli scavi dell’antica Stabiae necessitano di simile pubblicità o di trasparenza gestionale, serietà nei progetti e passione civile? Molti tra coloro che leggeranno queste parole – i responsabili di questo stato di cose –  saranno scossi da un moto di collera. In realtà, di collera, o ancora, di indignazione dovrebbero dolersi i cittadini, gli appassionati addetti ai lavori e non chi ha impiegato il nome di Stabiae per arricchire gli istituti di formazione stranieri, depauperando ulteriormente il nostro territorio. Ed ecco, dunque, che l’unico strada per rompere il silenzio è l’idea del processo sopra accennato. Un processo pubblico con i seguenti capi di imputazione: negligenza, uso discutibile dei fondi stanziati in diversi anni e, soprattutto, l’aver peggiorato sensibilmente il patrimonio archeologico di Castellammare. Così come va rifiutata l’idea della ricchezza di una nazione attraverso il semplice consumo – è quanto indica il PIL -, così con forza va negata l’idea che un sito goda di salute perché accoglie migliaia di visitatori tutto l’anno. L’esempio principe è Pompei: un numero abnorme di turisti non compensato da un’adeguata cura dell’antica città. Nulla di cui vantarsi in un certo senso.  Ricominciare è sempre possibile. Trattandosi di rovine, però,  il tempo gioca un ruolo fondamentale. Le ricette per la vera valorizzazione di Stabiae restano l’efficienza e la trasparenza nell’utilizzo di fondi e risorse umane. A Stabiae mancano entrambi. E il tempo intanto passa, e con esso si esaurisce la pazienza di chi ancora crede che tutto possa essere ancora salvato. Allora, a gran voce, e parafrasando Cicerone che dell’ager stabianus aveva grande considerazione, tutti noi diciamo: fino a quando continuerete ad abusare della nostra pazienza?

Angelo Mascolo    

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