Carceri, orti tra le sbarre: a Secondigliano cooperativa di detenuti

carcereLavorare la terra per ritrovare dignita’ anche dietro le sbarre. E’ il senso del protocollo d’intesa siglato tra il carcere di Napoli di Secondigliano, l’assessorato regionale campano all’Agricoltura e il garante territoriale dei detenuti. La Regione Campania stanzia 3mila euro per la costituzione di una cooperativa di tipo B (composta dai detenuti) che commercializzera’ i prodotti dei 2 ettari di terreno coltivati da un gruppo di 8 carcerati condannati al massimo della pena.”Con l’intevento dell’assessorato – spiega il direttore del carcere, Liberato Guerriero – coroniamo un’attivita’ che gia’ svolgiamo da un anno grazie a un gruppo di volontari. Ora, pero’ siamo pronti a vendere sul mercato i prodotti che prima restavano soltanto all’interno. Questa iniziativa, insieme al progetto della lavorazione della spazzatura, fa di Secondigliano un carcere modello”. Un progetto “apripista”, puntualizza l’assessore regionale Daniela Nugnes: “piu’ che il concetto di economicita’, va considerato come prioritario l’aspetto del reinserimento con una maggiore presenza anche delle strutture che hanno competenza per le politiche sociali”. Ogni mattina, a partire dalle 8, i detenuti si dedicano alla coltivazione di pomodori, zucchine, carciofi, melanzane, e frutta e producono olio. Prodotti biologici e a qualita’ e tipicita’ garantita, grazie al supporto tecnico degli agronomi dell’assessorato, che hanno messo a punto coltivazioni geneticamente legate al territorio. “E’ importante – dice il garante dei diritti dei carcerati campani, Adriana Tocco, – che l’istituzione intervenga nel carcere per favorire il processo reinserimento nella societa’ e con le famiglie. Il detenuto lavora e cosi’ riacquista la sua dignita’ di uomo che produce”.Tocco annuncia anche l’interessamento di un importante imprenditore della ristorazione a utilizzare gli ortaggi dei detenuti di Secondigliano per i menu’ dei suoi ristoranti. “E’ come tornare alla vita – dice Gaetano, ergastolano – significa capire davvero il valore del lavoro e il danno che facevo quando da bambino andavo a rubare nei campi”. Per Salvatore “il lavoro e la fede sono il solo sostegno”, e cosi’ per Claudio destinato a non uscire piu’.”La vita fuori e’ finita, – considera amaro – non resta che questo. Chi e’ libero, tra l’altro, vive anche una situazione drammatica perche’ senza lavoro”. Giuseppe e’ originario di Corleone e si ritrova un cognome altrettanto ‘pesante’. Lui sara’ uno dei pochi che rivedra’ la liberta’ e il sogno e’ tornare a lavorare, ma soprattutto concludere gli studi di Agraria cominciati all’Universita’ di Pisa, cui mancano pochi esami.

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