È un’economia che non conosce la parola “recessione” quella della mafia del Belpaese. La crisi nazionale sembra facilitare la vita alle organizzazioni criminali, che continuano a diffondersi a rete in tutta la società, approfittando della debolezza di questo periodo. La Campania occupa un posto d’onore nella classifica delle regioni dove è maggiore l’attività mafiosa. Reati ambientali, ciclo rifiuti, abusivismo edilizio, illeciti contro gli animali e contro la fauna, mercato immobiliare, attacco al made in Italy, la cultura. La mafia cammina ancora di fianco alla corruzione, e i Comuni sciolti per infiltrazione mafiosa aumentano da 6 a 25. “Il business della criminalità organizzata non conosce recessione e, anzi, amplia i suoi traffici con nuove rotte e nuove frontiere. Con una lungimiranza e una profondità che politici, imprenditori, istituzioni e cittadini spesso non hanno, o fanno finta di non avere, le mafie sono riuscite a fare sistema penetrando in tutti i settori della nostra esistenza in maniera globale e totalitaria”. Queste le parole di Carlo Lucarelli, nella prefazione del rapporto Ecomafia 2013, stilato da Legambiente e dalle forze dell’ordine italiane.
Gli illeciti ambientali sono concentrati per lo più nelle regioni in cui la mafia è più presente, Campania, Sicilia, Calabria e Puglia. La mafia non risparmia nemmeno gli animali e la fauna selvatica e aumentano gli incendi boschivi. La Campania risulta essere la prima regione italiana dove l’illegalità ambientale è più alta: il discorso vale sia per il ciclo illegale del cemento sia per quello dei rifiuti. “Quella delle Ecomafie – secondo il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza- è l’unica economia che continua a proliferare, anche in un contesto di crisi generale. Continua a costruire case abusive quasi allo stesso ritmo di sempre, mentre il mercato immobiliare legale tracolla. Le pene per i reati ambientali, continuano ad essere quasi esclusivamente di tipo contravvenzionale. Anzi, gli ultimi 18 tentativi di riaprire i termini del condono edilizio si è anche aggiunta la sciagurata idea di sottrarre alle Procure il potere di demolire le costruzioni abusive”. Ad oggi, costruire una casa legalmente costa un terzo di più. E l’eventualità che venga demolita è piuttosto remota. Tra il 2000 e il 2011 è stato eseguito appena il 10% delle 46.760 ordinanze di demolizione emesse dai Tribunali.
Ma la criminalità ambientale va anche a passo con i tempi: l’Ufficio Centrale Antifrode delle dogane segnala un raddoppio, rispetto al 2011 di materiale sequestrato nei porti, i cosiddetti cascami. Si tratti di materiali che dovrebbero essere destinati ad alimentare l’economia legale del riciclo. La gomma finisce in Corea del Sud, la plastica destinata al riciclo o alla combustione va in Cina e a Hong Kong, la carta e il cartone in Indonesia e Cina, i metalli vengono esportati illecitamente in Turchia e in India, in particolare acciaio e ferro. I trafficanti illegali guadagnano cifre enormi, ma per l’economia legale è un grave danno: gli imprenditori pagano i contributi ecologici per attività di trattamento e riciclo, che non vengono effettuate sono costretti a chiudere per la mancanza di materiali.
La dimensione globale delle attività ecocriminali e la corruzione camminano a braccetto nel Belpaese. Secondo la relazione al Parlamento della Dia relativa al primo semestre del 2012, sono raddoppiati gli arresti per reati di corruzione. Amministratori, politici e funzionari pubblici usano il loro potere per facilitare gli appalti e le concessioni edilizie, varianti urbanistiche e discariche di rifiuti.
La Calabria stavolta è al primo posto per numero di arresti. Ecomafia 2013 descrive l’attacco al made in Italy. Il controllo delle mafie nasce dalle campagne, passa attraverso il trasporto e il controllo dei mercati ortofrutticoli all’ingrosso e arriva alla grande distribuzione organizzata. La mafia entra nella ristorazione, e con i guadagni ricavati i clan acquistano altri ristoranti, alberghi, pizzerie, bar, che diventano luoghi ideali per continuare a fare affari.
Per finire: la mafia pervade la cultura, dove alla minaccia dei clan si sommano altri interessi criminali, inettitudine e scarsa attenzione delle istituzioni. Secondo l’Istituto per i beni archeologici e monumentali del Consiglio nazionale delle ricerche, la perdita del patrimonio culturale costa all’Italia circa l’1% di Pil, calcolando ovviamente il valore economico. Furti di opere d’arte, quasi tre al giorno, 48 arresti, oggetti trafugati. Un valore di circa 270milioni di euro di beni culturali sequestrati.