Le delibere di giunta, le classiche “carte” di cui si discute nei palazzi della vita politica e amministrativa, sono spesso ignorate dalla maggior parte dei cittadini, non perché inutili, ma perché scritte in maniera complicata e molto estesa. Nell’ultima delibera di giunta di giugno, c’è però una questione particolarmente fondamentale per i nostri territori: ovvero l’applicazione del piano di bonifiche. In un’altra delibera (la delibera di programma)si impegnano i fondi e si specifica che verranno utilizzati per qui 49 siti regionali di discarica (avete letto bene: quarantanove) oggetto di procedura di infrazione da parte della Unione Europea partita nel 2007. L’azione di bonifica, sperando questa volta sia realmente tale, potrà evitare una pesante sanzione: gli interventi dovranno essere conclusi improrogabilmente entro il 31 dicembre 2015.
La stesura del piano regionale di bonifica è un pretesto molto interessante anche per farsi una panoramica generale dello stato di salute dei nostri territori. A questo proposito, nel documento, troviamo una serie di elenchi. Uno di questi è quello che monitora lo stato di avanzamento degli interventi dei siti inseriti nel piano regionale bonifiche 2005. Qui troviamo vari centri nel territorio vesuviano, in cui il tema delle bonifiche è particolarmente sentito. Questi sono: Castellammare di Stabia (4 aree dove sono stati presentati i piani di caratterizzazione), Ercolano (4 aree dove sono state presentati indagini preliminari e progetti preliminari di bonifiche approvati), San Giorgio a Cremano (sempre con 4 aree interessate), Terzigno (con 2 aree), Torre Annunziata (con 8 aree monitorate, Torre del Greco (con 4 aree dove è stato presentato il piano di caratterizzazione ).
Poi troviamo l’elenco dei “Siti Potenzialmente Contaminati”, dove figurano centri come: San Giuseppe Vesuviano, Somma Vesuviana, Terzigno e Volla: in queste città complessivamente sono stati individuati 7 strutture potenzialmente inquinanti.
Ancora, nel piano presentato, si trova l’elenco dei “Siti Potenzialmente Contaminati inseriti nel SIN” (cioè i siti a interesse nazionale). Per il territorio vesuviano in questo elenco troviamo vari comuni interessati. Questi centri sono: Boscoreale (con Cava Cerardelli), Castellammare di Stabia con 81 aree censite (stoccaggio idrocarburi, punti vendita carburanti, attività produttive e attività dismesse), Ercolano con 47 strutture (tra cui anche varie cave dismesse) , Pompei con 49 aree , Portici con 22 aree, San Giorgio a Cremano con 31, Terzigno con 23 (soprattutto cave dismesse e un sito di stoccaggio balle), Torre Annunziata con 63, Torre del Greco con 65 (per lo più si tratta di punti vendita carburanti)
Poi troviamo anche l’ “Elenco siti in attesa di indagini preliminari”, con, ancora per quanto riguarda l’area vesuviana, centri come Sant’Anastasia (con 9 aree in attesa di indagini), San Giuseppe vesuviano (con 5 aree), San Sebastiano al Vesuvio (con 6), Somma Vesuviana (con 9), Terzigno (con 2), Volla (con 15).
Bisogna però tener presente una importante quanto discutibile postilla, evidenziata dal piano presentato dalla Regione Campania. Si legge infatti che “i siti di stoccaggio/trasferenza provvisorio non sono stati inseriti nel PRB (piano regionale bonifiche), in quanto considerati come siti di abbandono di rifiuti al suolo”. A questo proposito, si sono levate voci molto critiche da parte del CORERI (Coordinamento regionale rifiuti), che ha affermato: “(…) questi siti di abbandono, in ragione della loro estensione e della natura dei rifiuti presenti, possono rientrare nella fattispecie delle aree caratterizzate da inquinamento diffuso (e come tali necessiterebbe di essere inserito nei piani di bonifica di cui al comma 3 del citato art.239) oppure quando per talaltro di tali siti di abbandono si sia accertato il superamento dei valori di attenzione (e per tale motivo necessiterebbe della caratterizzazione dell’area ai fini della bonifica”.
Stesso discorso opera l’Ente Parco Nazionale Vesuvio, che chiede che “vengano comunque riportati quei siti oggetto di abbandono incontrollato di rifiuti, presenti nel perimetro del Parco Nazionale del Vesuvio”.
Riguardo questa stessa questione, il Servizio Ambiente del Comune di Napoli chiede l’inserimento nell’elenco regionale dei siti da bonificare, di oltre 50 aree sul territorio del comune, distinguendoli già in varie tipologie : nuovi siti, siti in cui è già avviato il relativo procedimento, siti con presenza di rifiuti o di discariche abusive. Tra le motivazioni di urgenza degli interventi troviamo: inquinamento atmosferico, discariche abusive, serbatoi interrati, abbondono rifiuti, e attese di bonifiche
Non sono mancate le osservazioni di Legambiente che ha indicato, tra gli aspetti “da porre ulteriormente ed al meglio sotto la più diretta supervisione dell’autorità regionale”, l’individuazione di uffici della Regione a cui viene attribuita la responsabilità dei procedimenti decisi, modalità operative per il monitoraggio e controllo delle attività di bonifica (dalle caratterizzazioni alle esecuzione delle bonifiche), indicatori dell’efficacia complessiva dei processi e strumenti per porre rimedio all’inefficace controllo del territorio che determina lo sversamento incontrollato di rifiuti, anche e soprattutto pericolosi, anche in siti già sottoposti a bonifica.
Non mancano poi alcuni punti di ombra in cui potrebbero provocare manovre e decisioni poco chiare, da parte dei vertici politici.
Il dott. Marcello Monaco, chimico sempre attento alle tematiche ambientali, osserva infatti: “La procedura di obbligare il proprietario di un sito potenzialmente inquinato ad effettuare caratterizzazioni a proprie spese, a prescindere dall’accertamento della colpevolezza, è del tutto illegittimo, come indica il decreto di decisione del ricorso straordinario al Capo dello Stato e dal “chi inquina paga”, ripreso in molte sentenze”. Monaco inoltre rileva un’altra incongruenza: classificare un sito potenzialmente inquinato a prescindere dalle attività svolte e senza valutazione tecnica è un atto illegittimo, altra questione evidenziata dal decreto di decisione del ricorso.
Mario De Angelis