Fino a quando, dunque, Catilina, abuserai della nostra pazienza? L’antico attacco ciceroniano riecheggia nelle parole di Giovanni Puglisi, presidente della commissione italiana UNESCO, su Pompei. “Il governo italiano ha tempo fino al 31 dicembre 2013 per adottare misure idonee per Pompei – avverte – e l’ Unesco ha tempo fino al 1 febbraio 2014 per valutare ciò che farà il governo italiano e rinviare al prossimo Comitato Mondiale 2014 ogni decisione”. Tempus fugit, quindi, Pompei si sgretola e dall’agenzia ONU non stanno a guardare. “Una commissione Unesco – prosegue il presidente – ha presentato una relazione fatta in loco a Pompei nel gennaio scorso e che non è stata oggetto di discussione in Cambogia. In questa relazione del gennaio 2013 si mettono in evidenza, in maniera molto documentata, le carenze strutturali (infiltrazioni d’acqua, mancanza di canaline di drenaggio) e i danni apportati dalla luce (ad esempio alcuni mosaici andavano preservati dalla luce). Sono inoltre segnalate – continua Puglisi – costruzioni improprie non previste dal precedente piano e la mancanza di personale. Inoltre entro il primo febbraio del 2014, secondo tale relazione, bisogna delineare una nuova zona di rispetto poichè sono state rilevate intorno ai siti di Pompei e Ercolano delle costruzioni ulteriori, costruite spesso dagli stessi operatori dei siti, in modo che si riparino i siti stessi dagli abusivismi e da cose improprie”. Si tratta di una relazione, precisa il presidente, “fatta in piena collaborazione con il governo e con il ministero dei Beni culturali, che pertanto sono perfettamente a conoscenza di questo atto. Dobbiamo spezzare la logica della polemica su Pompei e puntare sulla logica del fare”. Fare, in un verbo il dilemma. Perchè entro il 31 dicembre 2015 devono essere spesi i 105 milioni dell’UE. Per ora ne sono stati utilizzati solo tre e tre sono i cantieri avviati, tra le polemiche per i ribassi record. Giudizio negativo anche sulla chiusura degli scavi lo scorso 28 giugno, critica che lo stesso Puglisi non risparmia ai sindacati. Tuttavia, oltre alle rimostranze delle OO. SS. interne per carenza di organico e ritardo dei pagamenti, un ulteriore fronte di scontro riguarda i livelli occupazionali garantiti dagli appalti del Grande Progetto Pompei. I sindacati confederali firmatari del protocollo di legalità aderirono all’accordo anche in vista di una riduzione della disoccupazione. Ma quanti posti di lavoro sono stati creati grazie al GPP? Quanta di quella ricchezza rimane sul territorio e genera nuova ricchezza? Di questo passo il lavoro si rischia di perderlo piuttosto che crearlo. L’orologio dell’UNESCO, dunque, si è messo in funzione e mai come ora il destino di Pompei e dell’Italia, a livello internazionale, ha i mesi contati.
Claudia Malafronte