Irlando: “Impegno dei privati per salvare Pompei? Finora solo annunci ad effetto”

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«Fa bene il Ministro Bray a dirsi favorevole alle donazioni o alle sponsorizzazioni di privati per Pompei ma dovrebbe sapere che di annunci ad effetto per salvarla con vagonate di soldi, come di crolli, Pompei è strapiena. Ne abbiamo censiti negli ultimi anni oltre una decina. Infatti, non passa un anno, che non si apprende di iniziative e soldi privati disponibili per “salvare gli scavi”. Diverse iniziative riguardano imprenditori italiani ma molte notizie, spesso mediate da fonti indirette, riferiscono di francesi, indiani, americani, arabi, cinesi pronti a contribuire generosamente per salvare Pompei». Così, in una nota, Antonio Irlando, presidente dell’Osservatorio Patrimonio Culturale.
«La “procedura” è quasi sempre la stessa. Si annunciano interessamenti e presunti investimenti, rendendoli accattivanti attraverso piani mirabolanti che poi si rivelano per quello che sono: vuoti annunci ad effetto, talvolta inventati qualche giorno prima, anche attraverso mediatori rappresentativi. Tutti – sottolinea Irlando – durano il tempo di qualche ripresa giornalistica, a cui segue un triste nulla di fatto. Immaginare un percorso per fare cooperare i privati alla salvezza di Pompei è uno di quei temi a cui periodicamente, come oggi, si fa riferimento. Dire che è necessario per l’area archeologica pompeiana è come dire che occorre mobilitarsi, con spirito solidaristico, per una calamità. Oggi le regole sono poco chiare e ritenute poco incentivanti ed anche gli approcci non sembrano costruttivi. Da una parte lo Stato che vorrebbe gli apporti finanziari esterni alle proprie casse, ma con ruoli subalterni da parte dei privati. Dall’altro gli sponsor che invece chiedono garanzie per un migliore ritorno globale dell’investimento. Di tutti gli annunci – talvolta supportati anche da importanti sponsorizzazioni governative, sia nazionali che regionali – ascoltati da oltre vent’anni a questa parte, “si è persa traccia”. Si dirà che è difficilissimo interagire con la burocrazia ministeriale, verissimo. Però è altrettanto vero che di concreto e “cantierabile”, interamente finanziato con soldi privati resi disponibili da “mecenatismo illuminato” (come nel caso di Pachard ad Ercolano), nessuno sembra aver mai proposto ed illustrato quasi nulla in maniera diretta e agli interlocutori giusti».
Secondo Irlando «viene da farsi qualche domanda: 1) Le proposte avanzate erano “boutade” concreti progetti? 2) Con quanto annunciato si voleva realmente contribuire a salvare o usare Pompei? 3) A chi sono state rivolte e nell’ambito di quale “piano strategico” che prevedeva l’apporto dei privati? 4) Per gli scavi di Pompei non c’è ancora un progetto operativo degli interventi da mettere a gara tra i potenziali sponsor, quindi di cosa stiamo parlando? 5) Se poi si dice Pompei ma si pensa all’esterno dell’area archeologica per fare business, questo è un altro discorso, legittimo, ma non riguarda direttamente le urgentissime azioni di conservazione, per le quali lo Stato e l’Unione Europea sono i soli a spendere».

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