Da qui il lungo j’accuse di Cisl e Uil: “Sono anni che denunciamo che a Pompei mancano custodi e operai per garantirne sia la fruibilità che la sicurezza ed anche la manutenzione ordinaria (che eviterebbe i crolli e consentirebbe la conservazione di mosaici, affreschi, stucchi e di edifici antichi); che manca una concreta e seria organizzazione del lavoro dopo l’accorpamento con Napoli; che manca soprattutto il giusto riconoscimento e la giusta dignità che questo luogo merita e che meritano i lavoratori che vi prestano servizio. Sono anni che ripetiamo all’amministrazione di equilibrare i carichi di lavoro, di riconoscere e concedere maggiori indennità al personale che durante l’espletamento del proprio servizio è soggetto ad un carico di lavoro superiore visto il rapporto tra visitatori e addetti. A Pompei il personale di vigilanza è stanco, quotidianamente i custodi in servizio sono impegnati a salvaguardare un’area di circa 35mila mq. ed a molti di loro vengono spesso assegnate fino a tre zone di guardia anche in presenza di decine di migliaia di visitatori, con un impegno superiore di 50 volte i parametri ordinari. Sono anni che chiediamo sicurezza e salubrità nei luoghi di lavoro (a Pompei si lavora in prefabbricati costruiti in cemento amianto), ma senza ricevere risposte adeguate. Come molte altre promesse, anche quella di trasferire il Personale della Sede di Pompei della Soprintendenza nelle case demaniali già in parte ristrutturate, è andata al vento e i lavori di ristrutturazione sono ancora oggi al palo. Sono anni che denunciamo la cattiva gestione di questo sito che ha portato ad enormi sprechi di denaro pubblico”.
“Guarda caso – commentano Pepe e Rosa Rosa – se ne riparla solo quando l’Unione Europea stanzia 105 mln di euro per la conservazione ed il rilancio dell’area archeologica, per poi spegnersi inesorabilmente un minuto dopo che si deciderà come e con chi gestirli! (le esperienze precedenti ci inducono ad essere pessimisti). Diamo fin d’ora la nostra disponibilità – concludono i sindacati – ad una proficua discussione sulla risoluzione delle problematiche, in mancanza saremo costretti, nostro malgrado, a continuare lo stato di agitazione del personale”.
Claudia Malafronte