Cui bono. In genere, se un individuo, una cosa qualsiasi, un progetto vengono ostacolati e/o danneggiati, un altro individuo, un’altra cosa, un altro progetto risultano beneficiati dal danno occorso. Questa premessa farà da comodo memorandum per il viaggio che stiamo per intraprendere. Meta ancora una volta sono gli scavi dell’antica città di Stabiae. Tralasciando i numerosi – e inascoltati – appelli che da questo giornale e da altri organi sono stati fatti circa il rovinoso stato delle ville di Varano, vogliamo concentrarci su altro. Sul simbolo che, in qualche modo, fa da mesto proscenio all’immobilità dell’intero comprensorio culturale e archeologico stabiese. Il simbolo in questione è il “Visitor Center”, con annessa la lunga pastoia burocratica che, ad oggi, ne ha impedito la realizzazione. E’ doveroso anzitutto un chiarimento. La magniloquente parola anglofona, con la quale il progetto è indicato, rivela una realtà molto più semplice: un’area destinata ad accogliere Uffici e Servizi. I lavori sono iniziati nel 2007 e, stando al pannello illustrativo ancora visibile sul cantiere di Villa S. Marco, la data della loro ultimazione era prevista per il 3 settembre 2008. E’ interessante spulciare nei dettagli di questo progetto. L’importo complessivo dell’opera ammontava a circa 900.000 euro, in parte finanziati dalla Fondazione americana RAS ( Restoring Ancient Stabiae) e in parte dalle Fondazioni ACRI ( Associazioni Casse di Risparmio Italiane). Tuttavia, una volta iniziati i lavori, nuove direttive dell’Unione Europea in termini di impatto ambientale, datate al 2009 ma aggiornate con una normativa del 2012, hanno fatto lievitare di molto il costo della struttura. Al di là della lievitazione dei costi – per la quale mai è stata resa nota l’entità precisa del rialzo – viene spontanea una riflessione: l’impatto ambientale di un progetto, quale che sia, non va preventivato a prescindere da tutto? Siamo sicuri che a rallentare il progetto sia stata solo la contingenza della normativa europea? Cui bono? Di questa interruzione chi avrebbe potuto beneficiare? E’ opportuno ricordare che la RAS ha sottoscritto con la Soprintendenza di Pompei un contratto di sponsorizzazione, che consente alla prima di gestire le attività di promozione del sito, che vanno dallo scavo alla didattica, agli eventi. Detto questo, non è difficile accorgersi che i due enti finanziatori del progetto perseguano interessi privati. Imprenditori e banche. Sono queste le figure legate alle sigle RAS e ACRI. E’ solo un dubbio, e come tale va preso e considerato: e se Stabiae rimanesse così com’è? Proprio com’è ora: semisconosciuta, inabissata in progetti incompiuti come il Visitor Center, prigioniera di grandiosi disegni di riassetto logistico del centro di Castellammare? E se a Stabiae non si realizzasse nulla di quanto perseguito, se non cose minime a fini propagandistici? Altro dubbio: perché le istituzioni preposte (RAS, Soprintendenza e lo stesso Comune), dovrebbero volere, per esempio, l’istituzione di un parco archeologico? Cui bono? Senza dubbio, un parco archeologico costituirebbe la pietra miliare per tutto il comprensorio stabiese. Un rilancio definitivo per la città di Castellammare di Stabia. Proviamo, però, a guardare il problema da una prospettiva diversa: quali interessi maturerebbero, altresì, se il suddetto parco archeologico, o altre iniziative, non venissero mai realizzate? In primis, quelli della Soprintendenza che potrebbe continuare a gestire l’area archeologica di Pompei in tutta tranquillità e, soprattutto, senza la potenziale “minaccia” di un parco gemello nelle sue immediate vicinanze. Il disinteresse o quasi nei confronti del sito di Stabiae, in questi anni, è un indizio in questo senso. Anche la RAS, per quanto fautrice del parco archeologico, avrebbe la sua indiscussa parte di interessi. Per esempio, continuando a gestire, a mo di piccolo feudo, le ville di Varano, accrescendo interessi collaterali di istituti privati americani, di accademici, di musei internazionali ecc. Infine, il Comune che avrebbe una gatta da pelare in meno, in uno scenario, come quello di Castellammare, fatto di tante emergenze. Siamo giunti alla fine di questo viaggio. Quasi come un ritornello, troviamo il cui bono iniziale a scandire il poco tempo rimanente alla vita di Stabiae. Ed è avvilente pensare che l’unico interesse suscitato dal complesso archeologico di Varano risieda in quella logica profittatrice e del non fare, alla quale va imputata l’arretratezza cronica della nostra terra.
Angelo Mascolo