Castellammare di Stabia, luglio 2013. Un tempo non molto lontano, in questa cittadina adagiata ai piedi del monte Faito, la venuta di un nuovo sindaco era scandita da una sorta di rito propiziatorio, fatto di ghiaia e bitume miscelati, denominato asfaltatura. Il neosindaco in segno di ringraziamento per il consenso ricevuto, ben conscio del desiderio dell’elettorato, provvedeva ad asfaltare tutto l’asfaltabile: stradine polverose di periferia, vicoletti del centro storico, scalinate, sentieri sterrati di montagna. Non importa che alcuni di questi percorsi non fossero dotati di marciapiedi e fognature, o avessero già una buona pavimentazione in pietra lavica, quello che contava veramente era stendere lo strato nero, appiccicoso e puzzolente, così da dare l’impressione che il cambiamento fosse immediato, le promesse mantenute.
Con l’andare degli anni, causa la crisi economica e una rinnovata sensibilità ambientale dell’elettorato, l’asfaltatura di inizio mandato è stata soppiantata dalla più “pulita” scerbatura. Addio bitume e ghiaia, ora è il tempo di falcetti, rastrelli e motoseghe, che serviranno a raschiare le erbacce infestanti selvaggiamente cresciute, in anni d’incuria, in tutta la città.
Solitamente nell’antico rituale dell’asfaltatura il sindaco si limitava a dare l’ordine di esecuzione dei lavori per poi bearsi del risultato ottenuto. La modesta scerbatura richiede, invece, un intervento diretto e faticoso del primo cittadino che sudato e scapigliato si affanna a sfalciare e a ripulire aiuole sconquassate.
L’elettore osserva contento ed ammirato il risultato dei lavori, valuta lo stile umile e professionale dei sindaci che si sono cimentati nell’impresa. Meglio Bobbio, sostengono alcuni, che nel 2010 con l’iniziativa “Sabato ecologico” indossava la tuta da lavoro blu, inforcava gli occhiali scuri e col sigaro da duro in bocca faceva strage di immondizie e piantacce. Meglio Cuomo, rispondono altri, sicuramente più elegante in giacca blu e pantalone chiaro e certamente meno aggressivo con l’uso del rastrello.
I sindaci, dal canto loro, non sono indifferenti alla contesa: il predecessore Bobbio accusa il successore Cuomo di aver commesso illeciti nell’assegnare l’appalto per i lavori di scerbatura e rode all’idea di essere stato copiato. Il sindaco Cuomo replica che tutto è in ordine e sotto sotto gode per il rosicare dell’avversario.
Tanti cittadini, molti dei quali non votano dai tempi dell’asfaltatura, assistono sconsolati al teatrino inscenato. Sono consapevoli che questi rituali iniziatici hanno il solo scopo di dare l’impressione di un cambiamento immediato e di promesse mantenute. Sanno benessimo che presto la città riprenderà il fatiscente e desolante abbrivio verso il nulla.
In molti si chiedono se riusciranno mai ad assistere alla venuta di un sindaco ben fornito di programmi a lungo temine che tengano conto delle esigenze quotidiane della città. Un primo cittadino audace e lungimirante, capace di rinunciare al rituale d’inizio mandato e investire gli euro così risparmiati sul lavoro annuale di 2-3 operai. Un sindaco che rinunci al rito dell’appalto per dare lavoro dignitoso e duraturo, sicuramente più fruttuoso sarebbe l’investimento di denaro pubblico per far lavorare operai impiegati otto ore al giorno, per cinque giorni a settimana, per un anno intero, invece di dare migliaia di euro a ditte che raffazzonano un lavoro di pochi giorni e dai risultati effimeri.
Per il monento però tutto questo è ancora ben lungi dall’essere realizzato e Castellammare deve accontentarsi ancora una volta della sterile lite dei sindaci scerbatori.
Ferdinando Fontanella