Si ampliano i confini della cosiddetta «zona rossa», ovvero i Comuni maggiormente interessati da un’eruzione del Vesuvio. Da mezzo milione passa così a 700mila il numero da persone da evacuare in caso di risveglio dell’attività vulcanica. È stata pubblicata questa mattina, lunedì, sul Bollettino ufficiale della Regione Campania la delibera con la quale si delimitano la «zona rossa 1» e la«zona rossa 2» del Piano di emergenza del Vesuvio.
L’atto conclusivo, quello di definitiva approvazione della nuova perimetrazione, spetta al Dipartimento nazionale della Protezione civile e avverrà nei prossimi giorni.
Con la definizione delle nuove zone rosse 1 e 2 si passa da 550 mila persone da evacuare del vecchio piano a 700 mila persone, con uno scenario di riferimento più cautelativo per la popolazione.
“Hanno giustamente ampliato dopo anni di discussioni i confini della zona rossa – denuncia il responsabile regionale dei Verdi Ecologisti Francesco Emilio Borrelli già assessore provinciale alla protezione civile – ma nessuno sa ancora come si potrà fuggire in caso di emergenza. Addirittura in piena zona rossa si sta costruendo l’ Ospedale del Mare uno dei più grandi in Campania. I cittadini interessati dell’ area vesuviana sono all’ oscuro di qualsiasi piano di fuga che non viene aggiornato da anni. Peggio ancora è la situazione dei Campi Flegrei dove il piano di evacuazione non è stato mai aggiornato perchè non è stato mai realizzato in precedenza. Continuiamo a chiedere alla Protezione Civile nazionale di svolgere la propria funzione ma siamo purtroppo inascoltati da anni. Tra l’ altro tutti gli studi e le consulenze svolte fino ad oggi e costate molti milioni di euro non sembrano aver prodotto alcun risultato migliorativo nella prevenzione e nei piani di fuga.
Negli ultimi due anni addirittura il Consiglio tecnico scientifico nato in Campania nel 2002 come braccio operativo del servizio di Protezione civile nazionale è costato quasi 115 mila euro. Soldi spesi dalla Regione per pagare i tre esperti che dovevano preparare i programmi dei corsi: si sono riuniti 4 volte in 48 mesi. Il direttore didattico è costato 17 mila euro a seduta, mentre gli altri due componenti 9 mila euro a testa. Con questi compensi da favola è incredibile che si sia prodotto così poco”.