Castellammare, gestione arenile: una guerra persa

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Agosto 2013. In questi primi caldissimi giorni del mese a Castellammare di Stabia va in scena, per l’annesima volta, la scerbatura straordinaria dell’arenile di fronte la villa comunale. L’annosa guerra tra il Comune e le piante si ripropone puntuale ogni anno, un circolo vizioso in cui si sprecano preziosi e cospicui fondi pubblici.

La vicenda può essere descritta in questi termini. Passano gli anni, cambiano i sindaci, e il problema vegetazione sull’arenile rimane sempre lo stesso: le piante danno fastidio e bisogna toglierle. Passano gli anni, cambiano i sindaci, e la gestione di questa faccenda è sempre la stessa: le piante danno fastidio e questo giustifica l’appalto di escavatori e bulldozer che con rapida ferocia provvedono ad estirparle. Passano gli anni, cambiano i sindaci, e il risultato della gestione è sempre lo stesso: dopo poche settimane dalla scerbatura le piante sradicate ricrescono più rigogliose di prima.

Molti in città rimpiangono il bel lungomare degli anni Cinquanta e Sessanta, quando lo sciabordio delle onde lambiva la villa comunale, vorrebbero che così tornasse ad essere. Pochi sono consapevoli che quell’idilliaca situazione è stata definitivamente compromessa negli anni Ottanta con l’allungamento della diga foranea del Cantiere navale e il conseguenziale insabbiamento del tratto di costa nei pressi del pontile noto come Banchina ‘e zì’ Catiello. Con l’andare degli anni il costante accumulo di sedimenti portati dal fiume Sarno e dai numerosi rivi che sfociano in zona, non più mobilizzati dal moto ondoso, ha determinato l’abnorme allungamento della spiaggia, che ad oggi misura alcune centinaia di metri. Su questa nuova terra emersa dalle acque del golfo è poi cresciuta una copiosa vegetazione, un immenso prato verde che stona con i ricordi e i desideri degli stabiesi.

Ad alimentare l’odio per queste piante contribuisce la loro presunta origine. Molti raccontano che il prato è improvvisamente comparso in seguito ad una gara di motocross fatta negli anni Ottanta, per l’occasione furono sversate sulla sabbia copiose quantità di terra che servirono alla realizzazione di alcune montagnole per i salti acrobatici dei centauri. Una circostanza certamente vera ma non così importante per la crescita dell’erba, perché l’apporto della terra ha solo accelerato un processo di colonizzazione naturale che di lì a poco sarebbe comunque iniziato.

Da anni quindi la pubblica amministrazione considera le piante in riva al mare un male da estirpare, eppure è cosa risaputa che tutte le spiagge sabbiose di una certa estensione hanno una loro peculiare vegetazione. Solo nella fascia più esterna, la cosiddetta battigia, dove l’azione del mare rende le condizioni proibitive non crescono piante e questo è vero anche per Castellammare. Per la restante parte dell’arenile è assulutamente normale che crescano le piante.

Il prato verde che tanto orrore provoca negli stabiesi è composto dalle cosiddette piante pioniere, ossia da quelle entità che per prime colonizzano un ambiente difficile e privo di vegetazione. Prima che le ruspe entrassero in azione non era difficile scorgere la gramigna delle spiagge, il ravastrello marittimo o l’erba medica marina, piante dai nomi evocativi, testimoni che l’arenile di Castellammare è in una fase evolutiva assolutamente naturale.

Stabilito che è praticamente inevitabile che su una spiaggia così estesa crescano delle piante, è lecito chiedersi che senso ha tutto l’accanimento e lo spreco di denaro pubblico per estirparle. Se poi consideriamo che la tempistica e le modalità degli interventi non fanno altro che favorire la crescita delle piante la questione diventa ancora più enigmatica. La scerbatura avviene sempre dopo la produzione dei semi delle numerose leguminose presenti in zona e l’azione delle escavatrici contribuisce alla frammentazione di piante, come le graminacee, che hanno una grossa capacità di rigenerazione radicale, questo determina la rapida ricrescita.

Guardando gli operai in azione sembra quasi di assistere ad una guerra in cui l’esercito invasore, potente e bene armato, nonostante impieghi tanti soldi e potenti mezzi, è logorato dalla resistenza della popolazione indigena. Se questa similitudine funziona per il Comune di Castellammare l’arenile potrebbe rappresentare una sorta di Vietnam e l’abbandono del conflitto potrebbe essere la scelta più sensata e economica.

Ferdinando Fontanella

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