E’ lutto cittadino oggi a Catania. La morte dei sei giovani migranti annegati sabato scorso mentre cercavano di raggiungere nuotando la spiaggia della Playa, tutti egiziani tra i 17 e i 27 anni, non poteva lasciare indifferenti.
Questa volta non numeri, ma corpi visibili distesi a pochi metri da uno dei tanti stabilimenti balneari del lungomare Kennedy. “Rivolgo un appello alla città” dice il sindaco Enzo Bianco che ha imposto le bandiere a mezza asta per l’intera giornata “perché ciascuno secondo la propria sensibilità, manifesti liberamente il proprio cordoglio”.
Il comune di Catania si farà carico delle funzioni funebri, che seguiranno il rito della religione di appartenenza, ma ci vorrà ancora qualche tempo prima di poter seppellire i corpi nel cimitero comunale. La procedura prevede di informare prima le famiglie che potrebbero chiedere la restituzione delle salme.
Due di queste, già si sa, ritorneranno in Egitto, da quei familiari che qualche giorno prima dal porto di Alessandria avevano salutato, probabilmente con tanta speranza, e forse la promessa di rivedersi presto in Europa.
Delle 120 persone arrivate insieme alle vittime (di cui 43 minori non accompagnati), molti sono stati trasferiti al Cara di Mineo, dove inizieranno le pratiche per la richiesta di Asilo. Tutti i migranti provengono infatti da zone in guerra o con grave instabilità politica, come l’Egitto e la Siria, e per questo aventi diritto ad asilo o protezione sussidiaria.
Non tutti i viaggiatori clandestini arrivati a Catania hanno però accettato di farsi identificare, per evitare di rimanere intrappolati in Italia dal regolamento di Dublino. Secondo la legislazione europea infatti la domanda di asilo deve essere fatta nel primo paese di approdo, dove si è poi obbligati a rimanere, senza possibilità di lavorare fino al compimento dell’iter burocratico (circa un anno).
Ma non per tutti l’Italia è la meta. Molti infatti sognano di raggiungere il Nord Europa dove si pensa che l’accoglienza sia migliore, l’iter più veloce e dove spesso i migranti hanno parenti ed amici da raggiungere.
E’ questo il caso di Said, partito dalla Siria con il desiderio di arrivare in Norvegia per lavorare in un ristorante di un amico. Aveva litigato con la famiglia per partire ed ora si sente imbrogliato dagli scafisti.
Una ventina delle persone che hanno rifiutato di farsi identificare sono riuscite a fuggire e hanno fatto perdere le proprie tracce. Per gli altri, tutti nuclei familiari con bambini, il comune ha messo a disposizione la scuola Andrea Doria, ma il loro destino è ancora incerto.
Nel frattempo il flusso di migranti non si arresta. Nei giorni scorsi altri 40 migranti sono stati soccorsi a largo di Siracusa dove nel mese di luglio ne erano già sbarcati più di 300. L’11 agosto altri 80 migranti sono approdati a Reggio Calabria, mentre in 163, sempre di origini siriane ed egiziane, sono arrivati il 13 agosto a Portopalo.
Incrementi dovuti all’esacerbarsi della guerra in Siria, dove la crisi iniziata nell’aprile del 2011 ha causato quasi 100 mila morti e oltre 2 milioni di sfollati, e ad un peggioramento delle condizioni di vita in Egitto, dove l’instabilità politica e la crisi economica spinge giovani e famiglie a rischiare la vita e a pagare migliaia di euro per il viaggio della speranza.