Dall’alba di questa mattina le strade del Cairo si sono trasformate ancora una volta in campo di battaglia. La decisione di annichilire le proteste, annunciata ieri da parte del nuovo governo che si è insediato per mezzo del coupe del 3 luglio deponendo il presidente islamista Mohammad Morsi, è stamane divenuta tangibile. Le tendopoli di protesta realizzate dai sostenitori del presidente deposto, quelle delle piazze Rabaa el-Adawyyia e Nahda Square, sono state oggi sgombrate per mezzo della forza e della violenza dell’esercito.
Il ministero della salute egiziano parla al momento di 95 morti accertate e 974 feriti. 34 morti nella sola capitale, mentre il resto si sono registrate nelle città di Alessandria, Suez, Beheira, Minya, Luxor e nelle altre periferie del paese travolte dalle proteste. D’altra parte, il bilancio della giornata di scontri presentato dai Fratelli Musulmani è però completamente diverso: le fonti vicine al movimento islamista parlano di più duemila morti (duemiladuecento) e quasi diecimila feriti. Difficile pensare che i numeri proposti dalla Fratellanza siano reali, ma di certo il bilancio è più pesante di quello proposto dalle autorità egiziane.
Negli scontri, purtroppo, sono deceduti anche due giornalisti stranieri, entrambi vittime di armi da fuoco: si tratta di Mick Deane, cameraman britannico che lavorava per Sky News, e di Habiba Abd al-Aziz, reporter ventiseienne degli Emirati Arabi Uniti che lavorava per X-Press.
Nel frattempo, una nuova tegola si abbatte sulla popolazione egiziana, quella della proclamazione dello “Stato di emergenza” che è entrato in vigore oggi alle 16.00 e si prolungherà per la durata di un mese.
Le misure eccezionali sono state adottate perché “la sicurezza e l’ordine della nazione sono minacciate dai deliberati tentativi di sabotaggio e dagli attacchi contro edifici pubblici e privati da parte di gruppi estremisti”, ha detto la presidenza. Inoltre, il presidente ad interim Adly Mansour “ha incaricato le forze armate, in collaborazione con la polizia, di prendere tutte le misure necessarie per mantenere la sicurezza e l’ordine, e di proteggere la proprietà pubblica, privata, e soprattutto la vita dei cittadini”.
Anche un coprifuoco è stato imposto al Cairo e in altre nove province, a partire dalle 19:00 locali fino alle 06.00 di domani.
Infine, come se gli scontri interni alle forze musulmane (tra estremisti e moderati) non bastassero, la situazione rischia di precipitare anche dal punto di vista interconfessionale. La situazione è infatti peggiorata da quando si è diffusa la notizia di attacchi a tre chiese cristiane copte portate avanti dai più radicali tra i sostenitori dell’ex presidente Morsi. Secondo la tv panaraba Al-Arabyyia, oltre alla chiesa di Mar Gergiss, a Sohag, città con una consistente comunità cristiana, sono rimaste parzialmente bruciate anche due chiese nella provincia di el-Minya. Alla chiesa copta non è stato perdonato l’aver appoggiato la rimozione del presidente Morsi. L’alleanza copta con il nuovo governo era stata resa pubblica per mezzo di una foto che ritraeva il patriarca Tawadros II in compagnia del comandante delle forze armate, Abdel Fatah al-Sissi.