“Dispiaciuta” per le vittime, ma “onorata” di portare il nome del padre. Parole di Lucia Riina, figlia del boss Totò Riina, intervistata da una tv svizzera, che ha pubblicato sul suo sito un video della «prima intervista televisiva» della donna.
“Io sono onorata di chiamarmi così, e felice” perché “è il cognome di mio padre e immagino che qualsiasi figlio che ama i suoi genitori non cambia il cognome. Corrisponde alla mia identità”, ha affermato Lucia Riina.
Dichiarazioni che hanno fatto accapp0nare la pelle ad associazioni antimafia e i familiari delle vittime di Cosa Nostra..
“Provo sconcerto e biasimo per le dichiarazioni di Lucia Riina. Pur rispettando il suo ruolo di figlia e consapevole che le colpe dei padri non possano per nessuna ragione ricadere sui figli, non accetto che una donna cattolica praticante, come lei sottolinea piu’ volte nell’intervista, non prenda le distanze da un padre assassino. Un padre che ha provocato lacrime e dolore disumano alle tante famiglie delle vittime colpite dalla sua efferata violenza e ferocia. Sarebbe stato meglio, per etica, moralita’ e discrezione verso gli italiani, non sbandierare il proprio onore di portare un cognome tanto scomodo e relegare al proprio privato i sentimenti che si nutrono verso un genitore. Cosi’ come e’ altrettanto grave che per facile audience una tv svizzerasi interessi alla figlia di un boss italiano raccogliendo le sue opinioni su fatti tanto drammatici per la storia del nostro Paese e per le famiglie dei martiri colpiti dalle azioni mafiose ordite dal boss Salvatore Riina”. Cosi’ si esprime in un comunicato Maria Falcone, presidente della Fondazione Giovanni e Francesca Falcone, a proposito dell’intervista di una televisione svizzera con la figlia del boss mafioso Toto’ Riina.
”Lucia Riina proprio non ce la fa a stare lontana dalle luci della ribalta. E’ piu’ forte di lei. E non ce la fanno giornali e tv a mantenere la decenza evitando di darle spazio”. Lo dice Sonia Alfano, presidente della Commissione Antimafia Europea, in merito all’intervista rilasciata a una tv Svizzera dalla minore delle figlie di Toto’ Riina, Lucia. ”E’ francamente esasperante e disgustoso assistere a tale reiterato spettacolino da parte di Lucia Riina: – aggiunge – si dice dispiaciuta per le vittime del padre, ma al contempo orgogliosa del cognome che porta, perche’ corrisponde alla sua identita’. Una contraddizione in termini, senza dubbio. Del resto Lucia Riina non e’ nuova a queste uscite e da lei non mi aspetto nulla di meglio di quanto fino ad ora fatto (o non fatto) e detto (o non detto)”. ”E’ figlia di uno dei piu’ cruenti mafiosi che la storia ricordi ed orgogliosa di esserlo. – prosegue – Questo, per me, basta a qualificarla. Mi aspetterei pero’ maggiore prudenza e dignita’ da parte dei media. I familiari delle vittime, loro si’ giustamente orgogliosi dei nomi che portano, vengono spesso ignorati. Si riesce a dare maggiore spazio e visibilita’ ai figli dei mafiosi che ai figli degli eroi civili che i mafiosi li hanno combattuti con coraggio e sprezzo del pericolo, rimettendoci la vita”.
E’ sparito dal sito della tv svizzera TSR il video dell’intervista a Lucia, la figlia di Toto’Riina. Lo annuncia Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell’ Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili che ieri aveva invitato la figlia del boss mafioso a “inorridire” per le vittime della mafia. “Ci aspettiamo ora – aggiunge l’associazione – che quanti, nel mondo, hanno in queste ore divulgato il video contenente l’intervista alla figlia del Capo di “Cosa nostra”, facciano altrettanto”. “L’enormita’ della strage di Firenze in via dei Georgofili il 27 Maggio 1993 ha fatto il giro del mondo , perche’ erano stati colpiti gli Uffizi , ma quella notte morirono sotto 277 chili di tritolo distribuito da Salvatore Riina per salvaguardare i suoi affari e quelli dei suoi eredi, due bambine piccolissime, un ragazzo di venti anni e due giovani di poco piu’ di 30 anni. Va tolta quindi ogni voce ai mafiosi terroristi eversivi del 1993 e ai suoi eredi, a meno che non vogliono verbalizzare cio’ che sanno nella procura della Repubblica di Firenze” conclude l’associazione.