Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4544 del 13.9.2013, ha sancito la legittimità del provvedimento DASPO emesso dal Questore di Napoli nei confronti di un tifoso del Padova P.A., a seguito di quanto si era verificato in occasione dell’incontro di calcio di serie B Juve Stabia Padova, disputatosi il 29 settembre dello scorso anno.
In quella circostanza ben 44 sostenitori del Padova, viaggianti a bordo di un pullman e diretti allo stadio di Castellammare di Stabia, erano stati fermati dalla Polizia di Stato ai caselli autostradali di Napoli Nord nel corso dei servizi predisposti prima dell’incontro ed erano risultati tutti privi della tessera del tifoso e del biglietto di ingresso che, secondo le disposizioni vigenti, non avrebbero potuto acquistare allo stadio. A bordo dell’autobus vennero anche rinvenuti e sequestrati 24 torce illuminanti (fumogeni) e un coltello.
Nei confronti di tutti i tifosi identificati sono stati emessi provvedimenti di divieto di accesso allo stadio per un anno – la maggior parte dei quali notificati ex novo nel 2013 dopo una sentenza del Tar Campania che aveva riscontrato un vizio procedurale – poiché avevano posto in essere, in occasione di una manifestazione sportiva, una condotta ritenuta pericolosa per la sicurezza pubblica.
Accogliendo la tesi della Questura di Napoli, contestata fermamente da uno dei supporters padovani che ha presentato ricorso prima al Tar Campania e poi al Consiglio di Stato, i giudici di Palazzo Spada – Presidente Pier Giorgio Lignani – hanno ribadito che la legge prevede che il Daspo può essere applicato non solo nei confronti di chi ha tenuto comportamenti violenti, ma anche nei confronti di chi ha tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza… o tale da porre in pericolo la pubblica sicurezza.
Infatti, nel caso di specie, è vero che non si erano (ancora) verificati disordini o episodi violenti, se non altro perché i tifosi padovani controllati non erano ancora arrivati allo stadio e mancavano alcune ore all’inizio della partita. Ma la Questura ha ritenuto verosimile e probabile – date le circostanze sopra ricordate – che tutti e 44 i viaggiatori si proponessero di presentarsi in massa all’ingresso dello stadio tentando di entrare benché privi sia del biglietto che della “tessera del tifoso”; e che pertanto ad essi si dovesse addebitare “…una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza … o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica”. Convincimento rafforzato dal reperimento, sull’autobus, di un certo quantitativo di materiale pirotecnico vietato. …
Non ci si può infatti nascondere – trattandosi di fatti notori – che fra i comportamenti usuali, anzi tipici, dei c.d. ultras (specie in trasferta) vi è quello di presentarsi ai cancelli dello stadio, in massa o comunque in gruppi organizzati, senza biglietto, e con atteggiamenti aggressivi e intimidatori, per creare condizioni nelle quali gli addetti al controllo e le autorità preposte siano costrette a scegliere fra consentire loro pro bono pacis l’ingresso, ovvero correre il rischio che mantenuti forzatamente all’esterno quelli sfoghino la loro delusione e la loro aggressività creando disordini e tafferugli con la tifoseria avversaria.
I Magistrati del Consiglio di Stato hanno concluso evidenziando la legittimità del provvedimento emesso dalla Questura, in quanto in questa luce appare ozioso discettare se l’attuale appellante abbia avuto un ruolo più o meno attivo: considerato il contesto, ciascuno dei 44 era consapevole, quanto meno, che non possedeva gli indispensabili titoli per l’accesso allo stadio (tessera del tifoso e biglietto nominativo) e che non aveva modo di procurarseli legittimamente; e dunque affrontava un viaggio di oltre 600 km su un autobus appositamente noleggiato perché fidava sulla possibilità di eludere i controlli avvalendosi della forza d’intimidazione del numero – salvo alimentare disordini all’esterno dello stadio, in caso di rifiuto.