Scavi di Pompei: amianto, archiviate le indagini per omicidio e lesioni

AMIANTO

Archiviazione. Arriva, dopo oltre due anni, la parola fine sulle indagini della Procura di Torre Annunziata, guidata da Alessandro Penasilico, sulle morti sospette di più di venti dipendenti della Soprintendenza archeologica di Napoli e Pompei. Cadono, quindi, le accuse di omicidio colposo e lesioni aggravate per violazione della normativa antinfortunistica e smaltimento illecito di rifiuti. Escluso, dalle perizie tecniche disposte dai magistrati, il nesso di causalità tra le patologie dei lavoratori e l’esposizione a materiali contenenti amianto. Allo stesso modo,  decade l’ipotesi di abbandono, nell’area, di rifiuti speciali pericolosi denunciato, nei mesi, scorsi da un custode.

Il decreto del GIP di Torre Annunziata, del 19 settembre scorso, ripercorre le tappe essenziali di un’inchiesta complessa sotto il profilo scientifico e umano. Il lavoro degli investigatori, infatti, si è svolto in tutte le direzioni: dalle dichiarazioni dei lavoratori all’acquisizione delle cartelle cliniche; dai rilievi ambientali all’analisi dell’ attività di bonifica effettuata nell’area a partire dal 2000.

Due le domande cui gli esperti dovevano rispondere: ci sono manufatti d’amianto nel sito? C’è un  nesso di causalità tra l’amianto eventualmente presente e le patologie dei dipendenti?

In entrambi i casi la risposta è stata negativa. Da qui l’archiviazione delle indagini. Secondo il GIP, infatti, “non sono state accertate condotte di illecito smaltimento di rifiuti – mediante accantonamento in aree interne al perimetro degli scavi- in epoca successiva agli anni ’90, quando i lavori di manutenzione dei manufatti presenti nel sito furono affidati a società esterne”.

Per gli esperti incaricati dalla procura “lo stato di conservazione delle coperture in eternit presenti nell’area sono state in passato possibile fonte di contaminazione e dispersione di fibre di amianto”. Tuttavia, concludono i consulenti, “allo stato attuale, in ragione dell’intervenuta bonifica dell’area, concretizzatasi nella rimozione delle coperture in condizioni di degrado conservativo, sia pure non ancora ultimata, deve escludersi la sussistenza di situazioni di pericolo per i dipendenti o per terzi che accedano al sito”.

Pericolo scampato per il futuro, dunque, anche se quel “non ancora ultimata” pesa come un macigno e torna nelle conclusioni del decreto. Ma il rischio passato ha inciso sulle condizioni di salute dei dipendenti? Anche questo è smentito dal ctu. I dati dell’INPS, INAIL e ospedalieri, nazionali e regionali, indicano che “tali decessi sono stati provocati da patologie ubiquitarie e che non è ravvisabile alcun rapporto con l’esposizione ad amianto”.

Nonostante l’archiviazione, le indagini hanno fatto rilevare “carenze in punto di valutazione e prevenzione del rischio amianto”. Pertanto  rimane alta l’attenzione della Procura “sulle opere in corso per il completamento della messa in sicurezza del sito archeologico”. Un monito,  a chiusa del decreto, che suona minaccioso nei confronti della SANP. Un promemoria per evitare future leggerezze e omissioni che potrebbero non concludersi con un’archiviazione.

Claudia Malafronte

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