Questo testo teatrale fu rappresentato da Viviani per la prima volta a Roma nel 1928, con due opere di Salvatore Di Giacomo, Assunta Spina e ‘O vuto, ottenendo un grande successo. In questa edizione del ’28 accanto a Raffaele Viviani (Ferdinando) recitavano la sorella Luisella e gli altri attori della Compagnia Viviani: Pisano, Gigliati, Ragucci, Flocco. La musica dei ciechi è un vero capolavoro, rappresenta sicuramente una fase drammaturgica di grande maturazione e di piena creatività. Questo atto unico è un esempio di compiutezza e di equilibrio delle parti, dove sono mescolati, con grande armonia, forma e contenuto, prosa e musica, momenti di forte drammaticità e di pacato dolore a momenti di ironia sofferta e di chiara comicità. Questo contrasto rappresenta appunto l’originalità e l’ineffabilità del teatro di Viviani. Domina in questo atto unico uno dei temi che ricorre spesso nel teatro di Raffale Viviani: l’emarginazione. Infatti, da questa commedia emerge, in maniera evidente, una condizione di vita diversa, decisamente drammatica, in cui miseria ed emarginazione coincidono: i protagonisti vivono in uno stato di totale emarginazione e povertà. La commedia è ambientata in un angolo del borgo Marinari, nel rione di Santa Lucia, dove sono raccolti e si esibiscono i suonatori ciechi, un’orchestrina girovaga e mendicante che alterna a celebri canzoni napoletane, teneri valzer di operetta. I suonatori sono: Ferdinando, il contrabbassista; Don Antonio, il mandolinista; Don Lorenzo, il clarinista; Don Vincenzino, il violinista e Gennarino, il chitarrista. Questo concertino è accompagnato da Don Alfonso, cieco anche lui di un occhio, che va questuando l’obolo ai radi passanti. Il contrabbassista Don Ferdinando ha una moglie, Nannina, incontrata e sposata per caso.