E’ giusto demonizzare un concorso per eleggere una miss? Si può demonizzare qualcosa che tende a ricordarci la bellezza, sia essa anche solo fisica, nel senso di belle gambe, bel seno, rotondità, eleganza, portamento? Si dirà che sfilano “scatole”, più o meno belle, per occhi avidi, di cui, però, non si coglie l’anima e il valore del pensiero. Ci sembrano paroloni.
Se in tante sifilano, sorridono, piangono e giocano a fare le dive è giusto giudicarle o piuttosto partecipare al loro sentirsi contente e ammirate, riservando a tutte un’applauso? Domande che sembrano giuste ma dal sapore retorico, fatte e rifatte.
La bellezza non è solo una miss e, prima o poi, lo imparano tutte. Intanto, lasciamole divertire, almeno per un giorno, sotto la luce di una passerella, mica sono al buio. In fondo propongono semplicemente la loro individuale “bellezza”.
Intanto, se è vero che “la bellezza salverà il mondo”, è altrettanto vero che l’ignoranza lo distruggerà. E non riguarda le miss!
Senza scomodare il genio di Dostoevskij e per farla breve, nell’Italia della bellezza dell’arte e dell’unicità del patrimonio culturale non dovremmo, dunque, aver paura della crisi ma dell’ignoranza di chi governa. Quasi quotidianamente è disatteso l’articolo 9 della Costituzione italiana che sancisce: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.
Se è vero che “la bellezza è l’insieme delle qualità percepite tramite i cinque sensi che suscitano sensazioni piacevoli”è altrettanto vero che la bruttezza impegna i soliti cinque sensi ma li condisce con la rabbia dell’insopportabilità, per ignoranza e arroganza.
A chi non è accaduto di provare ciò che, nel profondo, genera la bellezza: un senso di armonia in noi stessi, verso gli altri e con la dimensione naturale. Sensazioni che una volta provate dovrebbero diventare irrinunciabili. E invece smarriamo i contorni, le coordinate e soprattutto il senso profondo a cui immolare i nostri piccoli e grandi affanni. La domanda ricorrente che caratterizza la storia dell’uomo nell’umanità è sempre la stessa, ma oggi è sempre più ripetuta: ma tanta fatica per cosa?
A chi non sta accadendo di essere profondamente arrabbiato per un ambiente che genera morte perché lo lasciamo inquinare impunemente e per un patrimonio artistico che invece di usarlo per produrre cultura e cittadinanza, lo trattiamo come cose vecchie e ingombranti, di cui disfarsene.
Il resto del mondo, ormai, non capisce più cosa stia accadendo ai “poveri italiani”. Forse lo ha spiegato una recente ricerca promossa dall’Ocse in 24 Paesi, dove è scritto che “l’Italia è ultima per competenze alfabetiche ovvero capacità linguistiche ed espressive, fondamentali per vivere e lavorare ai giorni nostri, mentre risulta penultima in matematica”.
Evviva la bellezza delle giovani miss! Con loro l’Italia almeno non è all’ultimo posto.
Antonio Irlando