Lo scrive in una nota l’architetto Antonio Irlando, responsabile dell’Osservatorio Patrimonio Culturale, organizzazione impegnata da molti anni, in modo particolare, nella conoscenza e monitoraggio della situazione conservativa degli scavi archeologici di Pompei.
“Non è tollerabile che veti spesso strumentali agli interessi di chi si occupa non sempre adeguatamente di Pompei o di altri che vorrebbero occuparsene per interessi diversi da quelli della sua conservazione e valorizzazione – si legge nel documento diffuso dall’Osservatorio Patrimonio Culturale – impediscano di mettere in campo buone pratiche e ottime professionalità capaci di contribuire al riconoscimento del patrimonio archeologico pompeiano, quale inalienabile bene comune, di grande valore culturale e identitario, con necessarie ricadute positive sull’economia del territorio”.
“Riteniamo che per i compiti e le funzioni, nuove e complesse, previste dalla legge, la figura del direttore generale non debba necessariamente provenire dal Ministero dei Beni Culturali, ma debba essere una persona di alto profilo, anche internazionale, che, per legge, va ricercata tra i dirigenti della pubblica amministrazione – prosegue la nota dell’Osservatorio – poiché deve innanzitutto dare impulso e compensare il forte ritardo in essere nell’attuazione del grande Progetto, nel quale i compiti della tutela rimangono inalterati nella competenza della soprintendenza, ed anche prevedere, con le amministrazioni locali, interventi di riqualificazione ambientale dell’area pompeiana esterna ai siti archeologici di Pompei, Ercolano, Oplonti, cosi come prescritto nella recente ammonizione dell’Unesco, riguardo alla permanenza di questi siti tra quelli riconosciuti patrimonio dell’umanità”.