Tecniche di antico Pugilato una scienza ancora attuale

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Prima di parlare di tecniche,vorrei iniziare con la descrizione degli antichi guanti o meglio protezioni per le mani dei nostri antichi Pugili. Il caestus è un antico guanto da combattimento. Si tratta, in sostanza, dell’equivalente nel mondo classico dell’odierno tirapugni.

I Greci usavano una terminologia specifica per i diversi modelli indicandoli con Imas, Imas Oxys e Shaira, mentre i Romani con un unico termine Caestii dal greco kestos ne indicavano tutti i modelli anche quelli borchiati o dotati di stiletto metallico usato nelle lotte “Gladiatorie.

Adattato al pugilato dunque, il vocabolo Cesto nasce insomma con lo scopo di indicare la possibilità di pungere e riempire la guardia avversaria, uno strumento che nel pugilato a mani nude, vede principalmente colpi a martello, tutti in qualche modo scavalcanti, aggiranti. Col guanto invece, il pugilato può intraprendere colpi diretti che attraversano con fallica forza la guardia dell’oppositore, indifferenti alla collisione delle nocche con gli avambracci e i gomiti; tecnica che coniuga così le proprie braccia a quelle avversarie.

Le varie esperienze che si susseguivano ai combattimenti portava i pugili ad avere un senso pratico del duello e tecnico poi tramandatogli dai Lanisti,le regole dell’incontro erano semplici colpire con le braccia e le gambe potendo anche afferrare l’avversario con le mani proibiti solo i colpi con le dita.

Da questo semplice regolamento si potrebbe definire la violenza a cui venivano sottoposti gli atleti, i colpi venivano portati con la massima forza per cui erano costretti a difendersi con i gomiti, usati come protezione per il viso in particolar modo naso,occhi e mento che se colpiti provocano danni che non permetterebbero di continuare l’incontro. Per i colpi diretti i pugili utilizzavano tecniche di difesa attraverso l’utilizzo del gomito che, come caratteristica anatomica una spiccata insensibilità, provocavano all’urto del pugno dell’avversario la rottura delle falangi.

La particolarità della chiusura a gomito permetteva sia la difesa che l’attacco portando semplicemente il corpo sull’avversario e colpendolo sia con il gomito di difesa che con il braccio opposto utilizzato per l’attacco. Da questo particolare posizionamento ai colpi diretti venivano alternati dei colpi a martello portati dalla spalla verso l’avversario. Le guardie lunghe nel pugilato antico, per occupare spazio e limitare i corridoi utili per i colpi dell’avversario in tal caso si tentava di colpire i polsi, gli avambracci e le varie nervature conseguenza di questa peculiarità, sono sovente i ‘legamenti’ ossia contatti tra gli arti al fine di inibire il movimento dell’antagonista permettendone l’avvicinamento e portare alla chiusura l’avversario non rischiando lo scambio di colpi.

Negli incontri raramente venivano usate anche le gambe, la rarità di esse era dovuta perchè erano più necessarie ad assorbire i colpi di inaudita violenza, mantenendo una stabilità del corpo evitandone la caduta,ma talvolta da non dimenticare il semplice ma efficace calcio ai genitali. Aanalogie simili di queste tecniche le possiamo ritrovare negli stili di combattimento orientali specie in quelli Filippini ed al Panantukan.

Ernesto Tarchi

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