La notizia è dei giorni scorsi: “Occhio digitale contro i crolli a Pompei”, e ancora “sensore sorveglierà mura a rischio e lancerà allarme”.
Quindi é tutto sotto controllo e dei crolli rimarrà solo un brutto ricordo? A leggere i titoli sembrerebbe che Iperion (questo il nome della tecnologia messa a punto da un ricercatore del Cnr) potrebbe far dormire sonni tranquilli anche a chi ha il compito (?) di tenere in piedi l’area archeologica pompeiana. Ma siamo proprio sicuri?
Un primo dubbio, eccolo pronto. Ad alimentarlo la dichiarazione di Riccardo Pozzo, direttore della ricerca. “Il sensore – ha spiegato – è pensato per sorvegliare un muro antico, una chiesa o un’opera dentro una vetrina”. Perfetto.
Considerando che a Pompei la maggioranza dei muri è a rischio crollo, imminente, prossimo o facilmente ipotizzabile, i sensori avranno un super lavoro immediato. É facile ipotizzare che entreranno in competizione tra loro, addirittura litigando sul tema “l’ho detto prima io”. Vi immaginate lo stress degli eventuali addetti alle auspicabili squadre d’emergenza operative notte e giorno, allertati ogni secondo e costretti a “volare” da un muro all’altro delle domus di Pompei? Roba da ridere, non v’é dubbio.
Ma proprio le risate a Pompei non servono. Bastano già quelle, miste a sprezzante disappunto, che il mondo intero riserva all’Italia, quasi quotidianamente, per come maltratta Pompei e la stragrande maggioranza del patrimonio monumentale.
“Iperion”, per carità, é una tecnologia italiana di grande utilità e molteplici applicazioni, non v’é dubbio. Evitiamo però, di far credere che solo tempestando Pompei di sensori, come se avesse la varicella, si potranno arrestare i crolli.
Occorre ben altro e si chiama manutenzione ordinaria. Lo sanno in tanti ma pochissime istituzioni che devono occuparsi di tutelare beni comuni, la praticano. Si tratta – per allenare la memoria – di quelle pratiche di cura amorevole, quotidiana, competente che sono necessarie per conservare e tutelare beni preziosi, ma fragili, come gli scavi di Pompei. Al contrario di cattive pratiche speculative, come si é già fatto (e si continua a fare) con taluni appalti straordinari e soprattutto milionari.
Alcuni sensori strategici di cui ha bisogno oggi Pompei si chiamano Pasquale, Anna, James, Lieselotte. Sono uomini e donne che creano, grazie anche a strumenti digitali del web, comunità operose e solidali di dimensione globale. Insieme, italiani e stranieri, in un progetto comune che, per dirla in un linguaggio internazionale, si ispira alle logiche del crowdsourcing ed anche del mecenatismo diffuso, il crowdfunding, Il legante per fare comunità e il motore per essere operativi, si trovano nel desiderio globale di partecipare alla salvezza di un patrimonio, che é prima italiano ma é riconosciuto “dell’Umanità”.
Antonio Irlando