Il problema delle carceri in Italia è una vera e propria piaga sociale: detenuti oltre il numero consentito, condizioni igieniche spesso precarie e il fenomeno dei suicidi. Il carcere di Poggioreale è quello più affollato d’Italia, con oltre 3000 detenuti quando la capienza si aggirerebbe intorno ai 1700 detenuti. Tra le varie proposte del Governo, vi è quella di riutilizzare vecchie caserme dismesse adibendole a penitenziari, proprio per contenere un fenomeno che condanna due volte i detenuti. Indulto, amnistia, parole che il popolo italiano non sopporta più ma sempre più spesso tornano di moda, come il famigerato Decreto 78, più comunemente chiamato “Decreto svuota carceri” diventato legge il primo luglio di quest’anno. In un clima di subbuglio per un tema molto sentito, proprio dalla Campania precisamente da Pozzuoli, troviamo degli esempi di come la detenzione non è solo un mero modo per scontare la pena, ma anche è soprattutto una vera e propria “riabilitazione alla libertà”. La direttrice Stella Scialpi, in un incontro avuto, ha spiegato la situazione carceraria della struttura, parlando di varie problematiche legate alla gestione, dovuta alla mancanza di fondi legata al fatto che prima di divenire un penitenziario, la struttura Pergolesi era un convento. La stessa Direttrice, con grandi sforzi insieme a dei validi collaboratori come la Sig. Ciarlegno, sono riusciti a portare avanti molte iniziative, volte al recupero delle detenute. L’iniziativa consiste in dei corsi per imparare varie attività, corsi per pizzaiola, di yoga, di ricamo attività bibliotecaria con annessa sala lettura e incontri straordinari mensili nell’area verde del penitanziario tra detenute e figli. Questo è l’aspetto più gioioso ma anche triste delle innumerevoli iniziative, triste perchè la mamma, punto cardine di un minore non può dimostrare ” il quotidiano
amore “per il proprio figlio, ma gioioso perchè, oltre gli incontri previsti per legge, ogni detenuta l’ultimo sabato del mese può incontrare il propri figli, un modo per cercare anche se in maniera esigua di accorciare le distanze fra madri e figli. A breve, proprio a favore di ciò, vi sarà una manifestazione nell’ambito del programma dipartimentale denominata “Bambinoltrelesbarre”.
Durante l’intervista ho rivolto una domanda significativa alla Direttrice Scialpi- ” Ma esser direttore di un carcere, è prima un lavoro oppure una missione?” La risposta, senza indugio è stata- “Prima una missione, se non si crede davvero nelle detenute e nella voglia di riscatto, soprattutto per i figli non si può fare questo lavoro”. I risultati dell’impegno profuso dalla Direttrice e dai suoi collaboratori non sono tardati ad arrivare, elogi anche dalla Diocesi puteolana, esempio lodevole che speriamo faccia da apripista per altri penitenziari sul territorio campano e nazionale.
Luciano Annunziata