La lucertola aveva sacrificato la coda per divincolarsi e fuggire. Il suo cuore batteva all’impazzata, segno di incontrollabile paura mentre cercava di nascondersi, fuggire, salvarsi. Intorno tutti i ragazzi continuavano il consueto e forse inconsapevole rituale: «Non sono stato io, è stato il cane», una giaculatoria accompagnata ritmata con le mani: le corna, il medio alzato in una sorta di danza tribale per congiurare la vendetta del piccolo rettile.
Non so chi ci aveva insegnato questa strategia per affermare la nostra innocenza, ma so, ora, chi me l’ha riportata alla mente.
Avrei preferito un semplice messaggio di scuse, un giorno di lutto cittadino e un sincero dolore per quanto accaduto a Pompei il 21 novembre. Un ricordo per due vite che certamente per mille e una causa sono state spezzate. E invece, accusando, chi lo accusa, di meschina campagna elettorale, il sindaco ha preferito affiggere alle mura della città una becera campagna di sopravvivenza.
Peccato che il «Non sono stato io, è stato il cane» affisso dall’avvocato, di se stesso, nonché sindaco di Pompei, Claudio D’Alessio, non sia riuscito a placare le grida, non di vendetta, ma di giustizia.
Ormai proprio non riusciamo a stupirci più. Questa è solo l’ultima delle esternazioni del sindaco pompeiano: ora sappiamo che non è colpa sua.
La colpa è del Demanio dello Stato, dell’Amministrazione delle Bonifiche, del Genio civile di Salerno, dell’Autorità di Bacino, della Regione Campania, dell’ARCADIS Agenzia Regionale Difesa Suolo, del generale Jucci e di tutti noi cittadini, ma la nostra colpa è solo quella di tollerare simili, imbelli, affermazioni.
E’ responsabilità del primo cittadino la vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l’ordine pubblico. E D’Alessio, mentre “Pompei” brucia, suona la lira per ricreare l’atmosfera di Troia in fiamme. Non è stato lui e quindi non era compito suo correre all’estintore più vicino, magari operando in danno agli enti manchevoli e colpevoli. Ma è colpa di troppi, quindi è colpa di nessuno. D’Alessio non piange e non lascia piangere la città, ma comunque non è colpa del sindaco!
Si puntualizza su alvei del fiume, proprietà demaniali ed anche sul “ciglio del marciapiede”, chissà se Claudio D’Alessio era consapevole di quello che faceva quando ha approvato la stampa e l’affissione del vergognoso manifesto. Il momento più basso di dieci anni di sciocchezze.
Gennaro Cirillo