L’altro giorno, a margine di un convegno, un collega straniero mi fa: “Se la Campania è una delle più belle regioni italiane (grazie al mare, al cielo, al cibo…), qual è il suo problema?” La benevola curiosità di quel giovane mi ha commosso e mi ha fatto riflettere. Forse noi campani non ci sforziamo abbastanza di cambiare – mi sono detto. Ma perché non lo facciamo? Di solito chi non si adopera per cambiare le cose desidera conservare un vantaggio, un privilegio. Lo diceva anche Thomas Mann: “Chi è felice non si muove”. Ma visto che in Campania non si vive bene, come mai la gente non si muove? Quali privilegi conserva la Campania, o meglio, chi conserva dei privilegi in Campania?
La crisi che attanaglia la nostra regione è talmente profonda da non poter essere risolta con il tanto decantato “spirito pratico”. Non mi riferisco qui alla crisi economica, ma alla crisi sociale e morale della Campania, alla paralisi paragonabile alla Dublino di joyciana memoria denunciata più volte da Raffaele La Capria. Da noi la crisi è più crisi che altrove, è un problema generalizzato, strutturale. Riguarda il nostro modo di essere persone e cittadini. È soprattutto crisi nella testa e nel cuore. Per risolverla è necessario un “riavvio” come si fa con il computer quando si blocca.
In Campania tiriamo a campare. Ci arrangiamo. Viviamo nella terra dell’anarchia in cui tutto è permesso. Basta uscire di casa per capirlo. Gettare le carte per terra e rifiutarsi di fare la fila sono due esempi del nostro approccio sbagliato. Ci parlano di un egoismo e di una mancanza di rispetto verso gli altri veramente stupefacenti. È paradossale che proprio l’Homo Campanus, attaccato alla vita più di tutti e di tutto, si stia autodistruggendo con i propri atteggiamenti. In Europa non si fa così, ed è per questo che siamo malvisti, dappertutto o quasi, in Europa. La nostra terra ha fama di essere bellissima. Ma la gente?
Sono decenni che (ci) raccontiamo una bugia: “È tutta colpa dei politici”. In verità, però, la colpa dei nostri fallimenti siamo noi stessi. Non serve continuare ad accusare i politici quando sono gli elettori a votare. Se i politici sono il motore della società, gli elettori ne sono il carburante. Se vogliamo che la nostra formidabile macchina, la società campana, riprenda a viaggiare verso il futuro, dobbiamo capire una volta per tutte se il guasto riguarda il motore, il carburante o magari tutti e due!
Chi sono, in fondo, i nostri politici e come sono entrati in politica? Quali meccanismi permettono a un cittadino di dedicarsi alla politica? Per certe cose non si richiede un titolo di studio o la frequentazione di un corso. Capita che un consigliere comunale non sia istruito, che sia rozzo e ignorante. Sembra che certe professioni siano percepite come le più adatte all’esercizio della politica. La storia ci ha insegnato, ad esempio, che nelle nostre città gli avvocati spesso fanno i sindaci e che i medici portano molti voti ai partiti. Il comune denominatore sono però gli elettori, che in caso di fallimento dei politici dovrebbero onestamente ammettere le proprie gravi responsabilità.
Quanto alle caratteristiche degli “eletti”, una volta il politico doveva essere più bravo del cittadino semplice. Oggi invece il sapere è diventato superfluo, anzi scomodo. In Campania, nella terra di Vico, Bruno e Filangieri, il sapere annoia e viene osteggiato. Al politico si richiedono non meglio precisate “capacità organizzative, competenza e onestà”. La prima e la seconda fanno parte della retorica pre-elettorale; la terza al Sud, quando non è eroismo, è un miraggio.
Siamo ormai arrivati al 2014 e non vogliamo proprio saperne di invertire la rotta. Ci diciamo, tutti compiaciuti, che siamo veramente speciali. Sì, Pino Daniele è forte e Massimo Troisi era unico! Sì, la nostra sfogliatella è magica! Mi chiedo se sapremo mai smettere di specchiarci: saremo mai capaci di diventare un po’ più umili? In fin dei conti, chi ha aiutato la camorra a dissanguare e avvelenare la Campania? Chi ha aiutato i falsi invalidi a fregare lo Stato? Si potrebbero fare tanti altri esempi, e allora lasciamo che siano gli altri a giudicarci. Ogni tanto arriva qualche artista americano e ci dice “I love Naples!”. Bravo, ma come si fa a non amarla da turista? Amarla da disoccupato con tre figli a carico risulta più difficile. Quanto a senso civico e senso di responsabilità, il mondo è d’accordo: siamo veramente speciali, battiamo tutti i record…negativi!
Cari lettori, sono campano e amo la mia terra. Queste cose le ho sussurrate a voi, ma non ho avuto il coraggio di dirle al giovane collega straniero incontrato l’altro giorno a un convegno.
Mario Liguori