Cresce il malcontento a Ercolano tra gli abitanti della storica frazione Miglio d’Oro (già Via Doglie). “Figli di un Dio minore”: così si definiscono cittadini che da decenni subiscono ogni genere di angheria e pessima gestione da parte di un’amministrazione comunale incapace di concretizzare i tanti progetti che, almeno sulla carta, avrebbero dovuto rendere il sito fiore all’occhiello della città di Ercolano.
Per comprendere meglio la questione basti pensare che la stazione della circumvesuviana del Miglio d’Oro è sprovvista di biglietteria per l’alto numero di rapine subite: stazione che sovrasta il monumento all’incapacità di Ercolano che è la nuova caserma dei carabinieri ultimata da tempo e poi sequestrata (con tanto di cartello identificativo Ministero della Difesa) per alcune irregolarità burocratiche.
Dalle pagine dell’edizione cartacea de “Il Gazzettino vesuviano” ci siamo più volte occupati della vicenda e lo abbiamo fatto in modo talmente “eloquente” che qualcuno ha ben pensato di strappare la dicitura Ministero della Difesa nel miserabile tentativo di confondere i cittadini e allontanarli dalle responsabilità istituzionali eccellenti che si celano a monte dell’infelice costruzione.
Nascondiglio per spacciatori, affiliati alla camorra e balordi di ogni genere per anni Via Doglie (oggi Miglio d’Oro) è stata abbandonata a se stessa, dimenticata da tutti e sfruttata solo in periodo elettorale da consiglieri comunali abili nel racimolare voti con tecniche quasi “ipnotiche”.
Se non fosse stato per il coraggio di Padre Raffaele Falco, parroco di Ercolano, che con una pubblica missiva alle massime cariche dello Stato chiese e ottenne controlli straordinari per la zona nessuno avrebbe mosso un dito per rispettare la dignità e il diritto alla sicurezza di chi è reo solo di aver comprato casa e creduto in uno dei perimetri più suggestivi del paese. La gente è stanca di assistere a processioni scontate di politici nazionali pronti a riscoprire Ercolano esclusivamente per il proprio tornaconto, di sentire parlare di cambiamenti quando in realtà tutto si fa a livello politico perché nulla muti. Si dice che l’inferno è l’ impossibilità della ragione: tale definizione si sposa perfettamente con l’incomprensibile iter governativo che nel corso degli anni ha ridotto un’intera comunità alla frutta.
Alfonso Maria Liguori