Peppe Lanzetta sbarca a Castellammare ed è un bagno di affetto e di calore. Una bella serata nonostante la pioggia fitta questa sera alla libreria Mondadori Castellammare di Stabia all’interno del complesso Stabia Hall in via Regina Margherita. Peppe Lanzetta ha presentato il suo nuovo romanzo Sognando l’Avana edito dalla casa editrice Centoautori.
Sono intervenuti il prof. Pierluigi Fiorenza, l’attore scrittore, Gaetano Amato e lo scrittore Tonino Scala. A vent’anni di distanza, Peppe Lanzetta ritrova la sua vena di scrittore originale e borderline, regalandoci l’ideale seguito di Un Messico napoletano. Un romanzo sull’Italia di oggi, nello stile a tinte forti a cui ci ha abituato l’autore di InferNapoli. Siamo a Napoli, Napoli periferia. Cemento, palazzoni, rione Incis, quartiere Ponticelli. Annus Horribilis, governo Monti, elezioni, Grillo, Movimento Cinque stelle, l’Italia senza governo, mondo senza Papa. I giorni passano, il tempo scorre, la gente sopravvive, arriva il nuovo Papa, una ventata di freschezza, il nuovo vecchio Presidente della Repubblica prova a mettere su un governo con un accordo improbabile: Pd-Pdl.
La crisi dilaga in Italia come a Napoli, a Napoli come a Ponticelli, Rione Incis. Bassolino e il suo rinascimento, spazzato via dai rifiuti, in regione c’è la destra di Caldoro, le cose non migliorano… anzi. Napoli continua a barcamenarsi, continua a sudare nell’indifferenza generale. A Ponticelli c’è una bomba, ci sono storie, c’è un condominio con le sue ansie, affanni, il suo andare avanti. Storie nella storia, uomini e donne protagonisti di un microcosmo che diventa paese, che segnano il grande ritorno di un grande scrittore. Storie quelle di Lanzetta che sembrano riportarci agli primordi della sua vita letteraria. In queste pagine intense sembra di rivedere Messico Napoletano, il suo primo romanzo, la Rossa, la Scampia che all’epoca non versava sangue e che non trovava spazio sui media. Ora come allora ritroviamo quella scrittura asciutta, sintetica, che entra e non esce, una lingua più matura che da più spazio alla voce degli ultimi.
Questo libro sembra una sceneggiatura di un film già visto per come è reale. In Messico Napoletano Peppe si soffermava sulle voci in presa diretta di vite rovinate dalla droga, dalla sete di potere, dall’illusione del denaro facile. In Sognando l’Avana cambia il quartiere, i volti, il condominio, ma ritroviamo la stessa disperazione le stesse strade e vite dimenticate. Napoli un condominio dimenticato, le sue storie, i suoi volti metafora di un paese borderline. I palazzi del potere che perdono tempo sull’Imu mentre un uomo da vent’anni condiziona la vita di un paese. “Avità murì” ci diceva Peppe in una delle sue ballate, ed è questa la rabbia che viene dal più profondo nel leggere le pagine di questo bel libro. 176 per l’esattezza, pubblicate dalla coraggiosa casa editrice napoletana Edizioni Centoautori di Villaricca, che lasciano un segno. Un bel ritorno per il poeta che da venti anni da voce ai desperados. Un ritorno nel bronx, in quella cruda periferia napoletana che sogna il culo di Belen. Un sogno bipartisan di uomini e donne, ragazzi e ragazze, giovani e vecchi, chi vorrebbe imitare la bella argentina, chi invidia quel bel po’ di patrimonio, perché con quel culo si può andare dappertutto, e chi vorrebbe scoparsela. Un ordine caotico, disordinato da una bomba che apre uno squarcio in un mondo.
Così le storie di Dora e Giacinta due sorelle con sogni ed ambizioni diversi, si intrecciano con quelle di Elio e Vito, due gemelli poliziotti, uno corrotto e l’altro onesto, della loro madre la signora Imbriani vedeva di un poliziotto integerrimo, che litiga con la signora Capece perchè i panni stesi “scorrono”, donna legata a suo marito Don Ciro con il quale ha avuto quattro figli maschi, uno più bello dell’altro: Enrico detto Julio Iglesias, Nennillo l’elettrauto, Manuele “che bellu guaglione, che peccato però ca’ è ricchione”, Andrea rabbia, tanta rabbia. Storie le loro, storie d’amore, di sogni, di sesso, prostituzione a buon mercato, storie che si intrecciano con la storia del nostro paese, dell’Italia sud del mondo, Napoli periferia a sud del sud del mondo stesso. Storie di frontiera che non trovano spazio sui massi media, pugni in faccia, nello stomaco, pugni per svegliasi dal sonno, per farci prendere coscienza. Lanzetta da voce agli ultimi, fa diventare letteratura storie dimenticate, storie che non fanno storia che sono tuttavia la storia dei nostri giorni.
In questo bailamme c’è l’ingenuità di una ragazza che sogna l’Avana, Cuba le sue spiagge, le case particolar, la casa di Ernest Hemingway, il sole, il mare, l’Avana che fonde il modernismo e il colonialismo, sogna di andarci con Andrea il suo fidanzato troppo preso dalla sua rabbia: vo’ appiccià tutte cose. Galeotto fu un gratta e vinci e il sogno Cuba, diventa realtà nella irrealtà di un mondo che se ne fotte. Nel condominio, nel paese, in questo universo mondo, tutto continua a scorrere inesorabilmente. Belli gli interventi di Pierluigi Fiorenza, Gaetano Amato e Tonino Scala amici dell’attore scrittore. Tonino Scala nel suo intervento ha sostenuto l’evoluzione della scrittura di Lanzetta e l’involuzione del paese:” Una volta Lanzetta descriveva Napoli, le sue periferie. Oggi parlando di Napoli parla dell’Italia. Napoli siamo Noi.”
Bravo Lanzetta cantore di un mondo, che è il nostro mondo.