Un romanzo liminale: Buio di Maurizio De Giovanni

Un momento della presentazione di Buio di Maurizio De Giovanni. Da sinistra: Rossella Calbritto, il vicesindaco Dolores Leone, l'autore, Eliana Iuorio, Anna Copertino
Un momento della presentazione di Buio di Maurizio De Giovanni. Da sinistra: Rossella Calbritto, il vicesindaco Dolores Leone, l’autore, Eliana Iuorio, Anna Copertino

Certi romanzi non andrebbero letti. Forse nemmeno pubblicati. Perché certe parole riescono a costruire storie della cui esistenza è bene non sapere. Storie liminali che abitano ai margini dell’umana comprensione. Ed è in questo limite, in questa continua linea di galleggiamento, che avanza e si ritira come un’onda di marea, che si situano le storie raccontate da Maurizio De Giovanni. Buio per i Bastardi di Pizzofalcone, secondo capitolo della saga de “I bastardi”, bistrattata e derelitta squadra di poliziotti del commissariato napoletano di Pizzofalcone, è un romanzo escatologico, una discesa agli inferi del male. E’ un rimestare in quell’anima nera, nella quale, paradossalmente, è possibile cogliere l’essenza della nostra piena, e perfettibile, umanità. Buio di De Giovanni è un libro da mettere all’indice. Un libro da evitare. Un libro che soggioga, che sconvolga, che urta, rovescia. E’ un libro che denuncia. E’ un libro in cui prorompe il grido della periferia degradata, violenta, sconnessa e scollegata. La periferia del rapimento del piccolo Dodo, vittima-protagonista del racconto, del tradimento degli adulti, dello stupro dei teneri sogni dell’infanzia.

Ma c’è un motivo, per contro, che rende la lettura di Buio un’esperienza estasiante: il lirismo. La disarmante poesia con la quale lo scrittore napoletano ci accompagna nel dramma-epicentro dell’opera. Un’opera corale, polifonica, nella quale il dramma del rapimento diventa catalizzatore di vite sull’orlo di una frattura insanabile. Una frattura che, senza alcun ritegno, abbraccia e avvolge l’uomo postmoderno. Il buio inteso come assenza di luce certo, ma anche come elemento sconosciuto e terribile, capace in un colpo solo di ingoiare certezze, affetti, fiducia.

Ed è in questa periferia, dai toni e tratti pasoliniani, anche se metropolitana e metallica, che conosce una sua riformulazione lo statuto eroico. L’eroe, come ricordato a più riprese da De Giovanni, è colui che ha compassione e interesse per il dolore altrui. Insomma, la ricerca dell’altro di sartriana memoria. L’altro come scialuppa di salvataggio per non morire. L’altro come anticorpo a una società in preda ad un’irreversibile scomposizione esistenziale. La ricerca dell’altro, infine, come doveroso richiamo alla nostra umanità.

La presentazione di Buio, svoltasi questa sera nell’aula consiliare del comune di San Giuseppe Vesuviano, è stata un miscelatore di emozioni. Un tessuto connettivo capace di tenere insieme cultura e educazione, secondo il solco del progetto “Cultura è educazione”, organizzato dall’Assessorato al comune di San Giuseppe. La risposta del pubblico è stata timida, complice soprattutto il maltempo.

Ma la cultura ha bisogno di tempo per insinuarsi nelle coscienze dei cittadini. Per innescare quella miccia di redenzione che anima, in una finzione non così distante dal reale, i personaggi di De Giovanni.

Angelo Mascolo

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