“Noio volevan savoir l’indiriss…”: è uno dei passaggi più famosi ed esilaranti della straordinaria filmografia di Antonio De Curtis, in arte Totò.
I fratelli Capone, umili lavoratori agricoli del Napoletano, si recano a Milano e chiedono a un disorientato vigile urbano informazioni stradali. Dal film “Totò, Peppino e la malafemmina” sono trascorsi quasi sessant’anni (è del 1956) ma la situazione in molti casi non è cambiata.
C’è stata solo un’evoluzione, visto che i tanti fratelli Capone delle nostre parti sono stati assorbiti dalle pubbliche amministrazioni, finendo in posti poco consoni al loro grado di preparazione.
Un esempio? A Castellammare di Stabia una turista che ha bisogno di un’informazione sulle bellezze della città deve necessariamente sapere parlare l’italiano.
L’inglese è infatti una lingua sconosciuta a chi è chiamato ad avere contatti col pubblico. Lo abbiamo scoperto fingendoci turisti britannici alla richiesta di notizie sugli scavi e la città. Si parte con una prima telefonata al Comune, dove il nostro interlocutore non spiccica una sola parola in inglese, tanto che nel congedare la malcapitata turista dice “Adiòs”.
Non va meglio agli scavi di Stabia, dove la persona al telefono interroga i presenti in un evidente stato di imbarazzo: “Qualcuno capisce l’inglese?”. Peggio infine all’azienda del turismo, naturale punto di approdo per un turista straniero alla ricerca di notizie sulla città.
Alla fine di questo giro telefonico (in alcuni momenti anche esilarante) vogliamo rivolgere a questi tanti fratelli Capone – e a chi ha avuto l’abilità di metterli in posti poco consoni alle loro (in)capacità – una sola domanda: “Per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare?”.