Ercolano paese d’invidia e anarchia . Questo amaro sfogo di un gruppo di imprenditori esasperati dall’atmosfera di regresso che mina ormai da anni la produttività della cittadina vesuviana.
“ Siamo costretti ad investire altrove – commentano gli imprenditori – per la totale assenza di collaborazione da parte dell’amministrazione comunale e per una stranissima consuetudine del territorio, ovvero perseguitare in ogni modo chi tenta con capacità e coraggio di fare impresa.
Tra segnalazioni anonime e dicerie mirate a Ercolano si assiste al penoso teatrino della politica “datata” senza che nessuno muova un dito per quanto meno scuotere l’incredibile immobilismo che paralizza la crescita economica del territorio. Perché dunque investire in un’area vesuviana che palesemente non da segnali di collaborazione con chi è determinato ad apportare benessere e occupazione in paese”.
La questione è endemica : per troppo tempo si è ritenuta Ercolano “casa nostra” e non territorio fertile sul quale fa nascere attività imprenditoriali sane sulle quali creare lavoro per i giovani, troppe volte le stesse figure si sono passate il “testimone” di un governo cittadino che alla fine è costituito sempre dagli stessi politici. Amministratori locali tanto odiati dagli ercolanesi ma poi miracolosamente eletti a furor di popolo in occasione delle elezioni locali.
Qualcuno aveva tempo addietro con amara ironia persino ipotizzato un viaggio di gruppo in località mistiche di buona parte della vecchia politica con tanto di “miracolo ricevuto” inerente la conferma sistematica del consenso alle urne. La verità è che l’ercolanese “normale” non crede più nella propria realtà d’origine, nell’operato di buona parte delle associazioni “politicizzate” e nella buona fede di chi dovrebbe fare l’interesse della città ma puntualmente non lo fa. Unica nota positiva l’impegno di volontari avulsi da qualsiasi contesto partitico e giovani imprenditori che in occasione delle feste di fine anno , del carnevale e di altre ricorrenze si fanno in quattro per tentare di dare luce e dignità ad una cittadina troppo poco amata da chi ha l’onore pubblicamente di rappresentarla.
Alfonso Maria Liguori.