“La località prendeva nome da questo pino solitario, superstite forse di antichissime foreste che neppure la tradizione ricordava: tanto più straordinario, oltre che per la sua grande altezza e il volume dei suoi rami potenti, per la sua quasi miracolosa vita in quelle estensione di pianure anduleggianti quasi selvagge e aride, prive di ogni altra vegetazione.”.
Queste parole stimolano il lettore a considerare il notevole valore simbolico degli alberi che crescono isolati in un contesto che, a prima vista, non gli appartiene. Solitamente queste essenze rappresentano un avviso per chi è capace di coglierne il significato. Nel caso del pino della Deledda, l’albero è là per segnalare qualcosa di estremamente prezioso in una terra aspra: “… nella località detta il pino … c’è un tesoro nascosto fra le pietre sotto la muricciata … C’è l’acqua.”.
L’albero in altri contesti, come una conifera in un bosco di latifoglie, corrisponde ad un limite di proprietà. Oppure, se l’essenza si ripete di tratto in tratto, può raffigurare un segnavia. Altre volte, ad esempio una pianta dalla chioma espansa isolata nella radura, rappresenta un valido riparo dalle intemperie o dal cocente sole di mezzogiorno. Non mancano, ovviamente, alberi indicatori di veri e propri tesori nascosti. La mente in questo caso corre al ricordo di un amico appassionato di archeologia, convinto che ogni pino secolare piantato in provincia di Napoli indicasse l’ubicazione esatta di una sontuosa villa, o una domus, dell’antica civiltà romana.
Ferdinando Fontanella
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