Il nuovo porto di Marina della Lobra, così come progettato, non si può fare. Lo ha sancito, senza se e senza ma, il Consiglio di Stato, che nella sentenza dello scorso 5 marzo ha chiarito come il Comune di Massa Lubrense giammai poteva ignorare il parere ostativo dell’Autorità di Bacino del Sarno, unico organismo preposto a giudicare la sussistenza dei requisiti di compatibilità idrogeologica.
A seguire il commento del WWF Penisola Sorrentina. Con una cortina fumogena di fantasiose argomentazioni, i soggetti promotori del porto da alcuni giorni stanno tentando di minimizzare la sconfitta e di dare ad intendere che la bocciatura è poco più di un “fastidioso imprevisto burocratico”. Viceversa l’importanza dei vincoli posti a tutela dell’incolumità dei cittadini ha avuto la meglio sull’interesse a fare le opere da parte dell’amministrazione comunale e del privato. E tutto ciò proprio in un momento in cui è sotto gli occhi di tutti come, con un pò di pioggia di troppo, l’intera penisola stia letteralmente “venendo giù”: strade, muri, colline, case, alberi e pietre, tutto rischia di crollare e di essere sepolto.
La cosa più vergognosa di questi giorni è che il sindaco di Massa Lubrense, nonostante il parere vincolante dell’Autorità di Bacino, andando avanti ad oltranza contro tutto e tutti, potendo usufruire di avvocati e tecnici pagati dai contribuenti, alla fine di una lunga vicenda giudiziaria culminata con la sconfitta in Consiglio di Stato, ancora dichiari di “essere sereno” e che il progetto del porto si farà… anche laddove il rischio frane è massimo.
A preoccupare ulteriormente è il motivo che ha generato il contenzioso tra l’ente comunale e l’Autorità di Bacino, cioè la volontà ferrea da parte dell’amministrazione in carica di “sponsorizzare” una grave e pericolosa modifica del paesaggio in un’area definita a rischio dal Piano di Stralcio della medesima Autorità. Il comune sostenne, ed è storia fin troppo nota, che il parere negativo inviato via fax dall’Autorità competente non valeva. La sentenza del Consiglio di Stato non lascia dubbi e chiarisce: “La difesa del suolo, con la tutela idrogeologica, costituisce del resto (…) un parametro la cui adeguata valutazione è imprescindibile per la salvaguardia del territorio, il contrasto del suo dissesto e del rischio idraulico, la difesa preventiva dell’incolumità delle persone, delle proprietà e delle attività umane e, non ultimo, per la tutela dell’economia generale su cui andrebbe a trasferirsi il costo sociale dei correlativi danni. Sicché non è proporzionato e ragionevole prescindere nel caso e nel modo descritti dalle rappresentazioni comunque fatte da parte dell’autorità competente.”
Tuttavia il sindaco sembra non comprendere la portata della sentenza che boccia il “suo” progetto, giacchè commenta: “burocrazia italiana, abbiamo ragione nel merito” e dichiara, a mezzo stampa compiacente, di essere deluso “da un sistema-paese ingessato da questo tipo di cose”, trattandosi di un semplice “formalismo”. Frasi imbarazzanti che la dicono lunga sul senso di responsabilità del primo cittadino. Una zona rossa è una zona rossa, un pericolo frane è un pericolo frane e (per nostra fortuna) non basta “risolvere cavilli burocratici e formalismi” per far sparire il pericolo. Il rischio idrogeologico è una questione nazionale e non può riguardare solo qualche imprenditore e politico locale. In quanto alle affermazioni del signor Gioacchino Gargiulo, egli si rammarica che dopo 13 anni il progetto così come da lui presentato non sia stato ancora realizzato: gli è mai sorto il dubbio che forse ne è l’unico responsabile? Riguardo alla pretesa di aver ricevuto 21 punti a favore su 22, gli segnaliamo che confonde i paragrafi della sentenza con i motivi di ricorso. Inoltre una causa amministrativa non è un incontro di box in cui si può vincere ai punti. Un ricorso viene accolto o rigettato. Si rassegni, il ricorso è stato accolto e pertanto gli comunichiamo ufficialmente che ha perso.
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