Molti degli intervistati all’uscita dalla basilica di San Pietro hanno accusato il severo richiamo del Papa.
Era chiaro: è stato uno “schiaffo” di prima mattina. Un rimprovero senza mediazioni. Il Papa ha lasciato intendere che le emergenze si affrontano chiamandole per nome e senza esitazioni. Se poi la corruzione rappresenta il risultato dell’allontanamento della classe dirigente dai bisogni del proprio popolo, la situazione va affrontata a muso duro. Anche dal Papa.
Sempre riferendosi alla storia raccontata dalle letture, Papa Francesco parla inequivocabilmente del presente, quando spiega che la classe dirigente è fatta da“uomini di buone maniere, ma di cattive abitudini” e ricorda anche che Gesù li chiamava “sepolcri imbiancati”.
Come sempre, per migliorare il mondo, migliorando anche la politica, è necessario che le parole e le buone pratiche vengano comunicate spesso e bene. Oltre il grande comunicatore Francesco, quanti sono i vescovi, i parroci, i religiosi che diffondono capillarmente, sui territori, tra la gente, tra i politici e amministratori locali, la necessità di fare del bene attraverso una buona politica? Quanti parlano di corruzione, dei danni che produce, delle vittime che genera?
Questo periodo di preparazione delle liste elettorali nei Comuni dove si rinnovano i consigli comunali, coincide con la Quaresima, ma non certamente con la straordinaria opportunità di rinnovamento che rappresenta per l’umanità. Senza farla troppo impegnativa, vien da chiedersi alcune cose. Quanti aspiranti consiglieri pensano prima alla gioia di operare per il bene diffuso che per il proprio? Ad allearsi in politica sono prima le persone, le loro idee e la passione a far bene? O piuttosto i numeri, che azzerano il bene e soprattutto il male che vi è dietro le persone e le sigle? Quest’ultima ipotesi materializza la devastante illusione che per governare non si può fare a meno dei corrotti, ma si può fare a meno dei giusti programmi per il buon governo della città dei cittadini.
Antonio Irlando