E’ questa la storia di una periferia, una di quelle abbandonate, appunto. E’ la storia, filtrata alla luce di questa caotica e, quanto meno strana, campagna elettorale per le amministrative.
Tutto era partito da un articolo di giornale di ben 40 anni fa. Un articolo che parlava della periferia pompeiana, un pezzo da prima pagina che nel 1973 a firma dell’ex assessore Pasquale Sabatino, professore e sostenitore della candidatura Padulosi, appunto nel maggio del ’73 scriveva: “Messigno frazione completamente abbandonata”. Messigno abbandonata. Abbandonata, dimenticata e ancora una volta sfregiata. Sì, sfregiata per l’ennesima volta anche in questo pre elettorale 2014. Sfregiata, maltrattata e sacrificata sull’altare dell’interesse personale, della voglia di strappare un pezzettino di potere, un brandello di carne, ossa e pelle da una vittima agonizzante: la città degli Scavi archeologici, la città del Santuario mariano, la città di tutti i pompeiani sani, puliti, ma anche di quelli colpevolmente “ingenui” e sprovveduti.
Nella frazione a sud di Pompei stava nascendo un’ idea che passando sopra i colori politici e le beghe, piccole, piccolissime, dei piccoli, piccolissimi politicanti, voleva realizzare l’obiettivo di dare visibilità ad una contrada antica, cuore di quella che poi è stata la città moderna. La volontà però, alla luce di quanto poi è accaduto, nulla ha potuto a fronte degli interessi.
La volontà di fare qualcosa per quella periferia si diluiva, di giorno in giorno, in un affare tutto personale per la conquista della tanto agognata poltrona.
L’iniziale idea veniva svilita e svenduta al candidato che più faceva comodo. In realtà, ed è chiara questa lettura, sarebbe andato bene qualsiasi candidato purchè non fosse stato l’odiato nemico, da sempre “compagno” di partito. Ebbene, bisogna comprendere certe scelte, a volte le frustrazioni trasformano in soddisfazioni anche i più clamorosi autogol.
La lista che andava a comporsi con illustri appoggi e scarsi voti è stata poi costretta a ricambiare nome e di due liste se n’è fatta una. Attenzione, non incorrete in errore: non una forza accresciuta contro le avversità della politica, ma due fazioni, l’una contro l’altra armate per conquistarsi sotto la stessa insegna quel posticino, quel brandello di carne ossa e pelle.
Un gruppo vicino ai suoi “campioni” l’altro a fare quadrato per altri “campioni” e tutti a farsi le scarpe, ma in piena sintonia e “per il bene… della periferia”.
Puntare tutto su un solo nome, questa la tattica scelta, quella giusta. Magari, puntare tutto su una coppia, un uomo e una donna, che possano raggiungere l’obiettivo di diventare consiglieri comunali.
E gli altri? Tutti sacrificabili per il bene comune, ma anche, e soprattutto, per il bene personale del più furbo dei due semidei, più o meno autoproclamatisi, difensori della Patria. E intanto in nome dell’unità si ci spacca ingannadosi l’un l’altro, ma con il sorriso sulle labbra.
La verità, e non vale solo per la povera periferia di Messigno destinata, stando così le cose, a restare abbandonata per altri quarant’anni, è che il bene della città sta a cuore a pochi.
La verità è che tra i tanti piccoli, piccolissimi gruppi nati per scomparire il giorno dopo l’elezione del prossimo primo cittadino, si fa fatica a rintracciare qualcuno che veramente abbia voglia di mettersi in gioco per la città e non per raggiungere qualche obiettivo personale, qualche ambizione repressa, qualche brandello di carne, ossa e pelle.
La verità è che non si sceglie la via delle liste civiche per dare più visibilità alla famosa “società civile” e per svincolarsi dai partiti. La verità e che non si sceglie la lista civica, si sceglie la lista “ad personam” per provare a diventare il leader del nulla e provare a garantirsi uno scranno consiliare.
E così mentre la città continua nella sua agonizzante discesa agli inferi del più totale abbandono amministrativo, abbiamo assistito al teatrino delle liste da compilare, da completare e da presentare. Alla farsa dei tantissimi simboli da accorpare, delle liste incomplete da accoppiare in binomi improbabili, in coalizioni troppo variegate.
Abbiamo assistito e continuiamo ad avese sotto gli occhi ideali sviliti in nome del consenso elettorale; di un consenso numerico che non può e non vuole tenere conto di come le somme diano un totale più o meno degno di rispetto, di coerenza, di dignità. Il piccolo sistema rispecchia il grande. E così anche per le più improbabili liste si tenta la meschina ed antidemocratica tattica di concentrare i voti sul candidato nominato o autonominatosi “bandiera” del gruppo, chiedendo agli altri di puntare a zero consensi per aiutare il “capo” che poi dispenserà assessorati, incarichi, commesse e tanti, tantissimi cotillons per festeggiare alla vittoria che certamente non tarderà a venire.
Il consiglio è quello di festeggiare per tempo. C’è ancora meno di un mese nel quale tutti hanno il diritto di sentirsi primo cittadino, poi, primo o secondo turno che sia, il vincitore sarà uno, tutti gli altri saranno i delusi, ma più di tutti ad essere delusi saranno i cittadini, della periferia o del centro non importa, coloro che ancora una volta saranno stati ingannati.
Gennaro Cirillo