Abuso di potere, di ufficio, violenza psicologica, per 8 lunghi anni e non c’è niente che potrà ripagare quest’inferno se non la soddisfazione di uscirne puliti nella dignità, anch’essa colpita duramente. Quando si dice che lo Stato fa paura non è solo un modo di dire. Stefano e Rolando sono due commercianti di automobili, un bel giorno, ricevono dei normali controlli dalla gdf, siamo nel 2006. I due non si preoccupano certi della loro regolarità. Nel novembre 2008, Equitalia recapitare al sig. Rolando una cartella di 441.229,48 euro, al sig. Stefano una di 438.439,65 euro e alla loro azienda una di 893.644,72. Alla fine Equitalia arriverà a pretendere dai due titolari oltre 6 milioni di euro: il reato “ipotizzato” è il mancato versamento dell’Iva per 700.000 euro.
Stefano e Rolando vengono criminalizzati sulla base di una presunzione di reato mai riscontrato. Non conta perchè le banche ed Equitalia gli distruggono quel poco che hanno, distruggono la loro serenità familiare e la loro salute. Li annienta senza riserve anche laddove chiaro è l’errore. Inoltre i verbali di constatazione della GdF fanno scattare l’indagine penale.
Dopo lo shock e la paura e quei cattivi pensieri che affliggono chi non sa dove sbattere la testa reagiscono e riescono a provare, documenti alla mano, la loro innocenza. Un errore maledetto riscontrato anche dal perito incaricato di visionare le carte accusanti e dalla motorizzazione che mai, durante i controlli, ha riscontrato irregolarità. Il 24 febbraio scorso il Garante del Contribuente ordina all’Ag Entrate di effettuare sugli atti autotutela, cosa che non è ancora stata fatta. Tra i due enti una serie di missive e il Garante replica all’Agenzia delle Entrate, evidenziando la illegittimità del procedere.
” Non si dice in base a quali criteri sono state irrogate le sanzioni e determinato il quantum delle stesse. Nei provvedimenti di autotutela si legge soltanto una fredda e sterile elencazione di numeri, incapaci di assolvere, nel concreto, al dettato della legge. Da qui la illegittimità del provvedimento. Infatti, non si è speso neppure una virgola per dimostrare la presunta colpevolezza dei contribuenti ”.
Non soltanto Stefano e Rolando non hanno commesso nessun reato, non solo nessuno si è preso la briga di verificare, non solo li hanno massacrati, ma, le sanzioni calcolate erano anche ingiuste, è quindi lecito parlare di truffa? Gli interessi toccavano punte del 900% a cartella esattoriale, infine negli estratti di ruolo compaiono codici tributi, in particolare il “1600” soppressi nel 2001.
Sarebbe logico, alla luce di tutto ciò, pretendere l’annullamento di ogni atto, cartella, sequestro, provvedimento e un doveroso risarcimento danni però, con il procedimento penale in corso gli atti non si possono cancellare, al massimo si applica l’autotutela con tanti saluti dalla giustizia e dallo Stato italiano.
Si è potuto accertare che gli atti a carico dei due commercianti sono doppiamente fasulli, primo per mancanza del reato e secondo perchè firmati da dirigenti abusivi, cioè privi dei requisiti di legge; si legge in una delle raccomandate inviate dai contribuenti ai vari enti: ” le regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione impongono all’amministrazione finanziaria, una volta informata dell’errore in cui è incorsa, di compiere le verifiche necessarie e poi, accertato l’errore, di annullare in autotutela il provvedimento riconosciuto illegittimo, anche qualora il contribuente abbia lasciato scadere il termine utile per impugnare il provvedimento avanti alla Commissione tributaria”. (cfr. Cass. 2-20 aprile 2012, n. 6283).
Commenta il presidente di Federcontribuenti, Paccagnella: «Abbiamo enti di controllo che si litigano competenze e responsabilità mettendo in gioco la vita di chi subisce quest’imbroglio politico. Troppo Stato nella vita dei contribuenti, troppi cavilli, codici, incursioni ed ingerenze che nulla hanno a che vedere con il bisogno di combattere l’evasione fiscale e garantire diritti ed uguaglianza fiscale ai cittadini italiani».