Scoperti due inediti di Leonardo da Vinci

originale disegno donna velata_bbErnesto Solari, artista e studioso esperto di Leonardo, ha presentato ieri alla stampa le sue ultime scoperte leonardesche.

La prima opera è un curioso e anomalo disegno che Solari ritiene di poter considerare l’originale leonardesco di un’opera già conosciuta, che si conserva agli Uffizi, ed è attribuita ad un allievo. Secondo Solari questo disegno è certamente di scuola leonardesca ma, visti gli indizi emersi e i risultati degli esami effettuati, egli ritiene possa trattarsi di opera attribuibile a Leonardo e scuola.

La seconda opera è un capolavoro assoluto, la cui attribuzione a Leonardo è pressoché certa per la sua bellezza, per il fascino che sa suscitare, per l’esito coerente degli esami effettuati e per il carattere molto privato, quasi familiare, che l’opera evidenzia. Si tratta di una splendida terracotta, probabilmente la prima ed unica a poter essere attribuita al Maestro. Questa certezza deriva dagli esami effettuati, dal periodo d’esecuzione che coinciderebbe con l’età del Salaì in esso raffigurato. E’ ritrovata anche una descrizione dell’epoca di un’opera che presenterebbe le stesse caratteristiche fisionomiche ed espressive, nonché tecniche, secondo la visione piuttosto classicheggiante del “puer et senex” alla quale Leonardo era particolarmente legato. Sembra che la testa in terracotta, raffigurante un Cristo fanciullo, di cui ha fatto, in più occasioni, una precisa descrizione colui che ne era venuto in possesso, il pittore Paolo Lomazzo, possa avere avuto come modello proprio lo stesso Salaì, il figlioccio adottivo del Vinciano.
Nel corso dell’incontro Solari ha mostrato le immagini assolutamente inedite delle due opere.

L’artista ha presentato anche i risultati dei suoi studi più recenti relativi ad opere leonardesche quali lo studio di Sant’Anna e il ritratto di Isabella d’Este ritrovato tre anni fa in Svizzera dallo stesso Solari e poi confermato dal Prof. Carlo Pedretti. Di quest’ultima opera Solari mostrerà alcuni risultati tecnico-scientifici rispondendo alle obiezioni, avanzate a suo tempo dagli studiosi Kemp e Marani, che erano state formulate sulla base degli scarsi elementi di cui erano venuti in possesso.
L’incontro di oggi è l’ultimo di una serie di appuntamenti con l’artista che hanno accompagnato la mostra antologica di Solari “Il Viaggio dell’Anima” in corso al Palazzo del Broletto di Como: l’esposizione resterà aperta al pubblico fino al 27 aprile con ingresso libero http://www.museosolari.net/ .

Di seguito le schede tecniche degli inediti presentati oggi e i risultati sugli studi di Sant’Anna e il ritratto di Isabella D’Este.

Il disegno raffigurante un busto di giovane donna con velo, girata a destra, realizzato con carbone e/o grafite su carta di cotone, incollata su un cartoncino bianco, con misura mm 232 x 172, presenta una grande somiglianza espressiva e proporzionale col disegno degli Uffizi realizzato con punta d’argento su carta filigranata, preparata in grigio-avorio, di mm 236×155, e girata a sinistra (gabinetto Disegni e Stampe, n.426 E) dal quale si differenzia soltanto per alcuni piccolissimi particolari.

Questo nuovo disegno è stato eseguito da mano mancina al contrario di quello degli Uffizi. Escluso che si possa trattare di un falso moderno, grazie agli esami effettuati, la prima ipotesi è stata una realizzazione da parte di un allievo che poteva essere anch’egli di mano mancina o un abile imitatore del Maestro.
In ultima ipotesi si è pensato potesse trattarsi dell’originale eseguito dallo stesso Leonardo.
Le indagini effettuate su ciascuna di queste ipotesi hanno portato a trovare risposte concrete e comunque plausibili con alcune apparenze non trascurabili quali, in primis, lo status di grande conservazione del foglio in oggetto che aveva fatto pensare alla prima idea di falso. L’esame al Radio Carbonio 14 ha escluso che il foglio fosse moderno, anzi ha confermato la contemporaneità rinascimentale dello stesso col suo probabile autore. Si tratta quindi di un foglio appartenente ad un periodo vicino al 1500.
Chi poteva essere l’allievo in questione?
Secondo il Prof. Pedretti, interpellato da Solari, potrebbe trattarsi di Francesco Melzi o Salaì poiché entrambi, sapevano usare la mano sinistra (Salaì, in particolare, che conosceva bene Leonardo, aveva più volte cercato di imitarlo utilizzando gli stessi suoi strumenti e copiandone lo stile).
Riguardo all’identità della donna ritratta, sono emerse interessanti ipotesi: Isabella d’Aragona, Bianca Sforza, lo stesso Salai o sua madre Caterina Scotti.
LATO Puer_bbIn conclusione, dall’esito di tutti gli esami effettuati non sembrava potesse arrivare un contributo determinante per una possibile attribuzione, ma da un esame più approfondito della relazione tecnica sono emersi alcuni particolari interessanti che a prima vista erano passati inosservati: la presenza inusuale sulla superficie del disegno di elementi quali il Ferro (Fe), il Rame (Cu), il Manganese (Mn) e il Potassio (K) che sono stati considerati dai tecnici del laboratorio diagnostico come impurezze dei composti cellulosici del supporto, secondo Solari sono invece da considerarsi come tracce dei pigmenti utilizzati da Leonardo nei suoi dipinti; questi erano sicuramente presenti e diffusi nel suo studio/bottega al punto da contaminare tutto l’ambiente o le cose presenti, tele, carte e quant’altro. Questi pigmenti si depositarono sul nostro disegno come le polveri o i pollini si depositano sulle stoffe che sono utilizzate in un ambiente dove questi proliferano. E’ stato lo stesso Prof.Pedretti a confermarrmi che gli stessi pigmenti sono stati ritrovati su diversi disegni di Leonardo a Windsor.
La presenza di questi pigmenti sulla superficie del disegno e una probabile firma “DaVinci” sopra l’occhio sinistro, sono da considerarsi elementi utili per determinare l’autenticità prima e la paternità poi di questo disegno; esso appartiene certamente alla scuola leonardesca, se non proprio di mano del Maestro, in particolare all’abilità dell’allievo Salaì, di recente alquanto rivalutata.

La scultura che stiamo esaminando è certamente opera di scuola toscana di fine 1400 inizi 1500, lo confermano gli esami effettuati; potrebbe trattarsi di opera vicina allo stile del Verrocchio senza però escludere che il suo autore possa essere uno dei seguaci della sua scuola, Leonardo da Vinci o Rustici.
Leonardo da Vinci fu infatti anche scultore. Ce lo assicurano i contemporanei e diversi documenti del tempo.
Giovanni Caprotti, padre di Salaì, del quale la presente scultura è una effige, lo definisce “Pittore e scultore” nello strumento di ricevuta, 19 luglio 1501, del canone d’affìtto che gli doveva per un pezzo di terreno fuori porta Vercellina a Milano .
Leonardo stesso si disse esperto non meno in “scoltura che in pittura et esercitando l’una e l’altra in un medesimo grado”.
La caccia a una scultura di Leonardo dura da tempo e ha visto impegnati diversi studiosi. Le fonti antiche su Leonardo scultore ricordano «teste di femmine che ridono», «teste di putti», un Bambino Gesù in creta che fu di proprietà del cardinale Federigo Borromeo, per alcuni studiosi un probabile modello per la testa di Gesù nel quadro di Sant’Anna…. ma da identificarsi, secondo altri studiosi, con «la testicciola di terra di un Cristo mentre che era fanciullo» la quale, nel Cinquecento, era presso il pittore e trattatista milanese Giovan Paolo Lomazzo.
Nell’insieme delle sculture che oggi gli esperti attribuiscono a Leonardo non ne esiste una sulla quale i massimi calibri dell’esegesi leonardesca siano concordi. Pertanto avanzare una nuova attribuzione a Leonardo scultore è un atto a dir poco di coraggio.
La conclusione prima, dalla quale non si può prescindere, è che solo un grande genio o chi per esso, guidato dalla sua profonda genialità e conoscenza, può aver modellato un’opera così bella e allo stesso tempo così intimamente espressiva e di qualità eccelsa.
Questa tesi ha cercato conferme in prove temporali e stilistiche al fine di poter dimostrare che ci troviamo sicuramente davanti ad una scultura unica il cui autore possa essere stato solo Leonardo da Vinci. E tanti sono gli elementi che portano verso il Vinciano: la particolarità degli occhi socchiusi che il Vasari definisce “guarda tura a basso”; i boccoli nei capelli che il Vasari ricorda a proposito di Salaì:”era vaghissimo di grazia e di bellezza, avendo begli capegli, ricci et inanellati de’ quali Lionardo si dilettò molto”.
Il Lomazzo:« Anch’ io mi trovo una testicciola di terra di un Christo, mentre ch’era fanciullo, di propria mano di Leonardo da Vinci, nel quale si vede la semplicità e purità del fanciullo accompagnato da un certo che, che dimostra sapienza, intelletto e maestà, e l’aria che pure è di fanciullo tenero, e pare haver del vecchio savio, cosa veramente eccellente ».
Il Lomazzo, nel 1584, descrive la terracotta da lui posseduta e raffigurante proprio un Christo fanciullo che si rifà alla tipologia del puer et senex di ascendenza classica, così bene illustrata da John F. Moffit nel 1994. Martin Kemp ha fatto notare che il busto Gallandt svolge bene la funzione di rappresentare un momento emotivo che in tutta la sua intensità muta nel suo svolgersi come “moto mentale”, ma francamente non vediamo un possibile riferimento al concetto classico del Puer et senex così come è invece piuttosto evidente in questa testa che a chiunque appare come fanciullo a differenza della figura più adolescenziale del Cristo Gallandt.
La figura rappresentata potrebbe essere altresì riconducibile a quell’idea efebica e Dionisiaca che sapeva ispirare il suo giovane figlioccio Salaì così come in molti disegni del Maestro questi appare.
Questa scultura potrebbe costituire la materializzazione di una particolare sensibilità del vinciano verso quell’ambiguità che si ritrova in molte sue opere riconosciute come la Gioconda, il San Giovanni, la Sant’Anna, ecc.. Leonardo voleva che Salaì diventasse la personificazione di un ideale estetico e universale tant’è vero che più si guarda questa statua ambigua ed enigmatica più si nota che la somiglianza “sfuma” in un’astrazione classica.
Per stabilire se l’opera è realmente di Leonardo è stata sottoposta anche all’esame dei cinque requisiti suggeriti dallo studioso Edoardo Villata in un convegno sulla terracotta lombarda del rinascimento tenutosi a Pavia nel 2011. Il risultato emerso, confortato anche dalla termoluminescenza, è stato completamente positivo.
La scultura è residente in Francia.

Il prof. Ernesto Solari, studioso ed esperto di Leonardo, il 26 gennaio 2009 ha reso noto il ritrovamento di un cartone, appartenuto alla collezione del famoso storico dell’arte settecentesco Padre Luigi Lanzi, che riprende il disegno del volto della Sant’Anna del Vinciano che si trova al Museo del Louvre. Il disegno, realizzato a carbone, su tipica carta di fine 1400 e inizi 1500, utilizzata più volte da Leonardo, raggiunge una grande somiglianza espressiva col dipinto originale del Louvre, rivelando una morbidezza molto vicina alle opere del Maestro e del più valido e attivo dei suoi allievi, Bernardino Luini. Lo stesso Lanzi sembra confermare questa tesi, infatti, dalla sua monumentale pubblicazione della storia dell’arte Italiana (1796), trapela il suo grande amore per l’opera di Leonardo e di Bernardino Luini. Sappiamo d’altronde che il Luini era venuto in possesso di uno o più studi di Leonardo per la Sant’ Anna.

Sulla base di queste premesse, confortate oggi dal parere favorevole del Prof. Carlo Pedretti, che ha esaminato direttamente il disegno, e ne ha apprezzato la carta e la qualità, sono proseguiti gli studi che avevano portato Solari, in modo non conclusivo, all’attribuzione di questo studio a Bernardino Luini, considerando anche lo stato di conservazione dello stesso. Sono stati effettuati poi, su consiglio dello stesso Pedretti, dei raffronti fra questo studio e tutti quelli conosciuti e conservati all’Accademia di Venezia, a Windsor e al Louvre. Ne è emerso che il disegno di Venezia, relativo allo studio della Sant’Anna, potrebbe essere stato ripreso dal nostro disegno grazie allo spolvero. Questi studi potevano provenire entrambi dalla Accademia di Leonardo prima di essere poi acquisiti dal Luini (nel 1520), in alternativa, il cartone in oggetto, dopo essere stato portato in Francia dal Maestro, venne copiato da Cesare da Sesto, o da altro allievo, dopo che Luini lo aveva acquistato.

E’ fuori di dubbio che Luini utilizzò tale disegno per lo spolvero di alcune immagini similari, si tratta in particolare di alcune Madonne ma anche di alcune figure presenti negli affreschi di Saronno. L’esecuzione dello spolvero, che poteva essere effettuato più volte e da più allievi che poi completavano e personalizzavano il soggetto con la propria tecnica e abilità, ha certamente modificato leggermente in superficie il nostro disegno, che non ha quindi lo status iniziale risultando lievemente impastato: ciò rende difficile se non impossibile individuarne eventuali segni caratterizzanti la manualità del suo autore. E’ impossibile stabilire in effetti se è stato realizzato da un mancino come Leonardo, cosa che invece nel disegno di Venezia sembra proprio da escludere. Il disegno di Venezia, che era stato precedentemente attribuito al Luini come una scritta posta in alto a sinistra detta, viene oggi accostato ad altro allievo, forse Cesare da Sesto, molto più ammanierato e lezioso rispetto allo stile del maestro Leonardo. La scritta potrebbe altresì confermarne l’appartenenza, in quanto proprietà, al Luini e quindi la provenienza dalla scuola del Leonardo.

In conclusione la cosa certa è che, rispetto allo studio di Windsor, la vera Sant’Anna di Leonardo va ricercata fra questi due studi che sono molto più vicini all’originale, il dipinto che è conservato al Louvre. E’ su tali basi che sono proseguite le indagini e i confronti fra i reperti e alla luce dei nuovi risultati ottenuti ci sembra sempre più probabile un’attribuzione diretta a Leonardo del nostro disegno. La ricerca a nostro avviso non ha ancora svelato tutto e soprattutto non ha ancora contribuito a negare una possibile paternità diretta al Maestro Leonardo.
Che si tratti comunque di uno studio di Leonardo lasciato agli allievi per utilizzarlo come spolvero e poi acquisito dal Luini, o di una copia del Luini stesso fatto sulla base di un’originale oggi disperso, questo disegno, oggi ritrovato, è senz’altro un documento importante legato a Leonardo, al suo stile inconfondibile e ad uno dei suoi più grandi e significativi capolavori.

Si tratta di un dipinto ad olio su tela di canapa di cm 57 x 44 raffigurante la Duchessa Isabella d’Este nei panni di Santa Caterina d’Alessandria. Il dipinto si trova tuttora in Svizzera. La tela, che è stata sottoposta a numerosi esami di laboratorio, è risultata solo parzialmente attribuibile a Leonardo. L’opera infatti è stata trasformata in Santa Caterina da pittori della bottega leonardesca.

In seguito ad una fuga di notizie il Corriere della sera ha potuto pubblicare la foto del dipinto e qualche informazione sul ritrovamento: tanti studiosi e giornalisti si sono lanciati in una sorta di tiro al piccione scagliandosi, senza ragione, contro tale attribuzione.
Se la sono presa, in certi casi in modo quasi offensivo, col Prof. Pedretti, che ha “osato” ritenersi d’accordo con l’attribuzione parziale del dipinto auspicando ulteriori indagini e studi, e col sottoscritto, pur non avendo mai visto l’opera in oggetto dal vero né aver preso visione degli studi effettuati da ben tre laboratori diagnostici se non in piccolissima parte; e in alcuni casi si sono limitati ad un’osservazione della brutta foto diffusa dai giornali che non consentiva alcun tipo di lettura seria.
Sarebbe stato più giusto e professionale ammettere l’impossibilità di esprimere un giudizio, sulla base di questa brutta fotografia.

Da un esame del dipinto e dei risultati diagnostici emergono una serie di risposte alle obiezioni, spesso gratuite, avanzate.

– Sotto il dipinto, molto rimaneggiato, si cela una verità ben diversa e più vicina alle conclusioni a cui sono pervenuti Solari e Pedretti, gli unici ad aver visionato e studiato il dipinto e gli esami effettuati.
– Importante è la valutazione del radiocarbonio14 il cui risultato è simile a quello della Bella Principessa attribuita a Leonardo da Kemp e che consentirebbe quindi una datazione più o meno parallela dei due dipinti.
– Sotto la superficie dipinta, attraverso la riflettografia ad infrarosso, è leggibile la presenza del libro come nell’originale del Louvre (che Kemp afferma di non esserci).
– Le dimensioni del disegno del Louvre e di questo dipinto sono simili così come simili alla tecnica di Leonardo sono sia le imprimiture che i pigmenti ritrovati ( in base a quanto scritto dallo stesso Leonardo nel suo trattato, in particolare quando il Vinciano parla della pittura su tela).
E qui è nato il grande equivoco, poiché fino ad oggi gli studiosi hanno sempre esaminato o parlato di dipinti su tavola e su muro, mai è stata presa in considerazione la tela per opere leonardesche. E sempre a proposito della tela in questione, non deve stupire se la stessa non è stata preparata con una base bianca poichè è lo stesso Leonardo a scrivere nel suo trattato della pittura, a proposito delle imprimiture delle tele, che devono essere colorate.
– Sovrapponendo i cinque cartoni derivati, compreso il sesto del Louvre, a questo dipinto, è emerso l’opposto di quanto ha affermato il Prof. Marani sulle pagine del settimanale Sette, e cioè che il naso del dipinto è l’unico ad avvicinarsi a quello del Louvre, gli altri sono tutti molto più corti ad eccezione di quello di Oxford che è però più rifilato.
– Altro fattore emerso dalla sovrapposizione è che ci sono, nel dipinto, alcuni cambiamenti dovuti a dei correttivi estetici che un qualsiasi copiatore non avrebbe avuto alcun motivo di apportare; mentre Leonardo sì, perchè la committente Isabella, essendo donna di grande carattere, avrebbe certamente fatto notare a Leonardo alcune caratteristiche fisionomiche portate all’eccesso. Si tratta di una correzione del volume della testa, della spalla destra troppo prominente nel cartone del Louvre, del naso troppo gobboso e di un doppio mento che nel dipinto sono stati rifilati seppur lievemente. Lo stesso Marani afferma che nel cartone del Louvre c’è una sproporzione fra il braccio e le spalle, mentre non può negare che nel dipinto le spalle vengono ristrette eliminando almeno in parte tale sproporzione che nel cartone di Oxford invece è eliminata completamente.
– Deve essere chiaro altresì che sia Solari che Pedretti hanno sempre ritenuto leonardesco solo il volto e un abbozzo generale sottostante la realizzazione posticcia.
– E, a proposito della pellicola pittorica del volto, il Prof. Marani ha scritto testualmente che in esso prevale l’uso del bianco mentre la stratigrafia afferma proprio il contrario, cito testualmente: “in piccola percentuale, bianco di piombo”.
– Ma torniamo al Prof. Kemp: quando egli parla, a proposito del nostro dipinto, di “tela granulosa” è completamente fuori strada, infatti si tratta di una tela finissima e fragilissima; cosi come è fuori strada quando accenna ad un divario da quelle nozioni che Leonardo esprime nel realizzare i contorni, la luce e l’ombra: infatti nella relazione si sottolinea che proprio il trattamento della luce e dell’ombra nel volto di Isabella sembra anticipare la realizzazione del San Giovanni Battista e della Gioconda.
– Altra affermazione superficiale è quella in cui si dice che il profilo è copiato dal cartone del Louvre ignorando le reali diversità (ovviamente emerse da esami non in loro possesso) o i miglioramenti estetici che un normale copiatore avrebbe ignorato o comunque non avrebbe avuto motivo di effettuare. Si tratta di miglioramenti estetici o di veri e propri pentimenti?
– Kemp sbaglia ancora quando afferma che il viso di Isabella è rivolto verso il nulla, ignorando così la nobiltà di questa donna che era stata, al pari di Lorenzo il Magnifico, una grande mecenate e che aveva suggerito a Leonardo, proprio per differenziarsi dalla Gallerani, quella posa di profilo voluto e preteso dal rango nobiliare.
– L’ultima osservazione che sembra doveroso fare al Prof. Kemp: parlando della Bella Principessa afferma che, che essendo realizzata su pergamena, si può parlare di ricerca sperimentale del Vinciano; questa stessa idea di sperimentazione non viene accettata per un dipinto su tela, anzi lo studioso continua a ribadire che Leonardo non ha mai utilizzato la tela come supporto pittorico. Non si dovrebbero utilizzare due pesi e due misure di giudizio.

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