Grotta San Biagio rivede la luce… e Castellammare?

Grotta San Biagio rivede la luce: è questo il titolo dell’evento, curato dall’associazione culturale Ars Nea con il patrocinio dell’assessorato ai beni culturali del comune di Castellammare di Stabia, inserito nel calendario del “Maggio dei Monumenti Castellammare d’Autore”, che a partire da oggi e per tutto il week end accompagnerà turisti e cittadini all’esplorazione di Grotta San Biagio. Ma cos’è esattamente questo monumento, di cui molti stabiesi ignorano l’esistenza, al punto da essere confinato all’interno di una ristretta nicchia di appassionati e addetti ai lavori?

Particolare dell'affresco dell'arcangelo Michele presso la navata centrale di Grotta San Biagio
Particolare dell’affresco dell’arcangelo Michele presso la navata centrale di Grotta San Biagio

Si tratta essenzialmente di un ipogeo, un cunicolo sotterraneo, lungo più di 30 metri e situato nell’omonima via adiacente al Poligono di tiro cittadino, ai piedi della collina di Varano, nella zona sottostante la villa romana di “Villa Arianna”. Un monumento che racconta tante storie parallele e, al tempo stesso, sovrapponibili: cava di estrazione di tufo in epoca romana, luogo di sepoltura alla fine dell’impero e, infine, spazio sacro di una chiesa curata dai monaci benedettini e intitolata ai Santi martiri Mauro e Giasone nei secoli iniziali del medioevo. L’interesse principale di questo antico tempio cristiano, probabilmente il più antico d’Italia, risiede nel programma di affreschi che decorano i lati della navata centrale e il fondo del presbiterio: tra i più importanti figurano quelli dell’Arcangelo Michele e della Vergine in trono con il Bambino.

Un gioiello, uno dei tanti, dell’immenso patrimonio artistico-culturale della città di Castellammare, nascosto dalla vegetazione e dai rinforzi in cemento armato del pianoro soprastante di Varano. L’apertura straordinaria di questo antro meraviglioso è certamente una vittoria, che ha lo scopo di iniettare nelle vene di una società civile poltrita orgoglio delle proprie radici e bellezza; ma al contempo, vorremmo raccontare anche un’altra storia: quella di Grotta San Biagio come monumento negato alla memoria storica e alla sensibilità del turista, conteso a turno tra Soprintendenze e privati, quello degli affreschi in parte divorati dall’umidità e dall’incuria, quello di una messa in sicurezza mai collaudata.

Infine, vorremmo raccontare di Grotta San Biagio che si sta lentamente spegnendo, nel dimenticatoio, come una vecchia gloria che di tanto in tanto fa la sua ultima, dignitosa comparsa. Ed è questa vena di malinconia, che trasuda dalle pitture splendide della Grotta e dalla fede che ha animato i suoi costruttori, a costituire forse il vero atto d’amore che questo luogo carico di secoli e storie offre alla sua ingrata città.

Angelo Mascolo  

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