Al vertice Guido Cantile, ‘dominus’ della società Cantile srl, uno dei più importanti caseifici produttori di mozzarella di bufala campana Dop del Casertano, e i suoi due figli, Pasquale e Luigiantonio, che si avvalevano del fattivo contributo di alcuni dipendenti e alcuni collaboratori dell’azienda, era questa quella che risulta essere una vera e propria associazione a delinquere, il tutto con la complicità e connivenza di veterinari dell’Asl.
E’ quanto emerso dalle indagini della Procura di Santa Maria Capua Vetere, secondo cui l’organizzazione “aveva realizzato un sistema ben collaudato negli anni, che le ha consentito di raggiungere importanti traguardi economici a discapito delle più elementari norme di sicurezza dei lavoratori e di tutela della salute pubblica”.
Di quanto emerso dalle indagini, scrive il procuratore agguinto Raffaella Capasso, “si sono rese conto anche importanti catene di distribuzione estere e, in particolare, francesi (Auchan e Monoprix) rifornite dal caseificio Cantile”. Il caseificio provvedeva all’accaparramento anche dall’estero di partite di latte e di cagliata, spesso molto scadenti: dalle indagini è emerso come i Cantile, per il tramite di società di comodo (soprattutto la Planet Group srl) acquistavano abitualmente quote di latte e cagliata proveniente da Francia, Polonia e Ungheria, che facevano risultare di provenienza italiana alterandone i documenti di trasporto.
Il latte e le materie prime acquistate inoltre non venivano sottoposte ad adeguato autocontrollo sanitario, grazie all acompiacenza delle due biologhe dipendenti del caseificio, così come prescritto dalla normativa di settore, ma venivano impiegati nel ciclo produttivo (anche del prodotto Dop) e, a volte, quando erano in eccesso, rivenduti a terzi, benché alterati.
“Eloquenti”, scrive il procuratore aggiunto, “appaiono gli esiti dei controlli effettuati a campione sul latte giacente presso i silos del caseificio, dai quali si è potuto evincere la sussistenza di una carica batterica notevolmente superiore (anche fino a oltre 2mila volte) rispetto a quella consentita dalla normativa vigente, e tale da far ritenere il prodotto finale addirittura potenzialmente nocivo per la salute pubblica”.
Guido Cuccari